Inquinamento colposo in centrale a Monfalcone: via al processo ma senza A2A
MONFALCONE La società A2A EnergieFuture esce dal procedimento penale in relazione all’ipotesi di accusa di inquinamento colposo per la centrale a carbone di Monfalcone. A restarci è invece l’ex direttore dell’impianto termoelettrico, l’ingegner Roberto Scottoni, ma, per effetto di una buona parte delle indagini inquirenti dichiarate inutilizzabili, il relativo materiale istruttorio che è stato espunto dal fascicolo del pubblico ministero ne alleggerisce la posizione.
Sta in questi termini di massima l’ordinanza emessa dal giudice monocratico Concetta Bonasia nell’ambito dell’ultima udienza predibattimentale, al termine della quale è stata pure disposta la fissazione della data di avvio del processo dibattimentale il prossimo 20 settembre, davanti ad altro organo giudicante, sempre in composizione monocratica.
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La società, dunque, non dovrà rispondere ai fini dell’ex Dlgs 231/2001, che chiama tecnicamente in causa, in un procedimento penale, l’illecito amministrativo dipendente dal reato.
Il giudice monocratico, infatti, ha dichiarato il non luogo a procedere, proprio in ragione dell’eliminazione dal fascicolo istruttorio di buona parte dell’attività inquirente. Con ciò quindi anche a beneficio dell’imputato che rimane coinvolto nel procedimento.
Per l’ex direttore l’ipotesi di accusa riconducibile all’inquinamento colposo viene ridimensionata, in particolare attraverso l’“annullamento” di una serie di campionamenti eseguiti nel corso delle indagini sulle emissioni della centrale nell’atmosfera, così come delle attività di campionatura eseguite sui sedimenti marini.
L’ordinanza del giudice è frutto dell’accoglimento di tre delle quattro eccezioni sollevate dalla difesa.
In particolare, erano state richieste l’inutilizzabilità delle attività di indagine compiute dopo la scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari (nel settembre 2017) nei confronti di A2A EnergieFuture, nonché la nullità dei decreti di ispezione, e degli atti conseguenti, per omessa informazione sul diritto di difesa nei confronti dell’ente, oltre all’ulteriore nullità degli accertamenti tecnici non ripetibili di campionamento per omesso avviso.
Eccezioni ritenute fondate dal giudice, il che ha comportato appunto l’uscita della società dal procedimento. Il processo in avvio il prossimo 20 settembre a questo punto riguarderà il solo ex direttore, rappresentato dall’avvocato Manuela Tortora e dal professor Piermaria Corso, senza alcuna parte civile.
Nell’ambito del procedimento predibattimentale, infatti, il Ministero dell’Ambiente e il Comune di Monfalcone non si sono costituiti, così come Marina Lepanto, mentre l’associazione ambientalista Eugenio Rosmann non è stata legittimata in tal senso dal giudice, sostanzialmente per l’assenza del “danno concreto”, richiedendosi piuttosto una lesione effettiva di interessi.
Si delinea così una vicenda giudiziaria caratterizzata da una lunga e articolata fase inquirente rispetto alla quale poi la Procura, in ultima battuta, aveva derubricato le iniziali ipotesi di reato.
Con la prima richiesta di rinvio a giudizio, nel maggio 2021, attraverso il sostituto procuratore Valentina Bossi, era stato contestato il reato di disastro ambientale.
Capi di accusa molto pesanti, sia in fatto di presunte “compromissioni” di tipo ambientale riferite ai fondi marini, all’impatto nel canale Valentinis e all’atmosfera rispetto alle emissioni, sia sotto l’aspetto documentale ai fini dei monitoraggi e delle prescrizioni Aia (Autorizzazione integrata ambientale). A dare la portata del procedimento, allora, era stato lo stesso volume del fascicolo del pubblico ministero, di ben 37 mila pagine.
In sede di udienza preliminare davanti al Gup, s’era messo di mezzo il difetto di notifica riguardante la mancata ricezione dell’avviso di garanzia da parte della società, che aveva comportato l’annullamento del decreto di fissazione dell’udienza riportando il procedimento all’avviso di conclusione delle indagini, con la restituzione degli atti al pubblico ministero.
Era stata la dottoressa Laura Collini, nel luglio del 2022, a modificare in modo sostanziale il capo di imputazione, derubricando il reato a inquinamento ambientale colposo, decisamente meno afflittivo, non foss’altro che per l’esclusione di condotte ritenute “dolose”. E una volta incardinatosi il processo davanti al giudice monocratico Bonasia, la mancata ricezione del decreto di citazione a giudizio, sempre alla società, aveva comportato lo slittamento del procedimento di ulteriori 60 giorni, termine stabilito dal giudice per procedere alla rinotifica.