Chiedersi se l'intelligence è intelligente è come fare il verso a Totò quando chiedeva «se la serva serve». Certo che serve. Serve a recapitare messaggi. Se c'è un filo conduttore nella pubblicazione dei file di WikiLeaks cinque anni dopo i fatti, quel filo suggerisce di considerarli come siluri. Verso quale bersaglio? Gli analisti dicono che non è certamente l'intercettato Berlusconi, ma il regnante Matteo Renzi. Osserva il generale Mario Arpino che se ne intende: gli americani intercettano da sempre tutti e seguiteranno a farlo, ma la pubblicazione dei file è frutto di una decisione a tavolino, non certo di Edward Snowden. Lo scopo? La risposta è sotto gli occhi: l'Europa starebbe preparando a Renzi lo stesso servizietto che fu fatto a Berlusconi.E oggi come allora Giorgio Napolitano ha assunto le funzioni di unico referente dei cavalieri dell'apocalisse europea. Se tutto ciò fosse vero, allora la pubblicazione dei file andrebbe letta come un ultimatum: «Mr. Renzi, è sotto stretto controllo e il suo tempo sta per scadere». Sulle due sponde dell'Atlantico, dicono gli americani, l'Italia è considerata una mina più stravagante che vagante, chiassosa, ma senza risultati. Le riforme? Molto rumore per nulla. La politica dello struzzo in Libia avrebbe dato poi la mazzata finale con il ministro Pinotti che in televisione preferisce la paresi facciale pur di non pronunciare la parola «guerra» all'Isis. Poi, alla fine, arriva il conto.