Per il Gruppo Volkswagen la fine dell’incubo “dieselgate” è ancora lontana. Quanto, non lo sanno dire gli stessi vertici del colosso di Wolfsburg che, tra l’altro, hanno riparlato di possibili cessioni di asset, cioè di società satellite, e che il ricavato da questo vendite potrebbe non andare a contribuire ai risultati.E anche se il ceo Matthias Mueller ha cercato di gettare acqua sul fuoco, affermando che “al momento non ci sono cessioni ipotizzate”, nelle sale operative si è ricominciato a calcolare quanto il gruppo incasserebbe dalla vendite dei suoi “gioielli”, tra i cui le tre società italiane –Lamborghini, Ducati e Italdesign – per le quali, in più occascioni, Rupert Stadler, il numero uno di Audi Group, che ne detiene il controllo, ha dato ampie rassicurazioni, anche scritte, sulla volontà di tenerle all’interno del perimetro. In primis, secondo il mercato, a essere sacrificati potrebbero essere i due produttori di camion, Man e Scania, dalla cui cessione in blocco la Casa madre di Wolfsburg si assicurerebbe tra i 12 e i 14 miliardi. “Sarebbe l’operazione più logica”, sostiene un osservatore.Anche perché una eventuale rinuncia alla lanciatissima Lamborghini, ora nelle mani di Stefano Domenicali, varrebbe molto meno, ovvero una cifra di poco superiore alla maxi-perdita (1,5 miliardi) registrata da Volkswagen nel 2015. Ancora meno varrebbe il “gioiello” Ducati, affidato a Claudio Domenicali (i due Domenicali non sono parenti): più o meno 750 milioni. E ancora meno la Italdesign un tempo di Giorgetto Giugiaro. Cessioni separate sarebbero più “dolorose” che convenienti. Una vendita in blocco varrebbe invece un po’ meno di 3 miliardi. Comunque, come sottolineato a Wolfsburg, si tratta di ipotesi. E non sono stato fatti nomi. All’orizzonte anche nuovi oneri per far fronte ai contenziosi legali e alle rimessa a punto delle auto “taroccate”, in aggiunta al già aumentato accantonamento di 16,2 miliardi.Il gruppo, intanto, cerca di ricostruirsi una sorta di verginità, puntando sulla riconquista della fiducia da parte dei clienti e a una trasfomazione che passerà attraverso l'adozione di un nuovo modello decisionale più snello e un'apertura a partnership strategiche soprattutto nell'ambito della mobilità tecnologico-digitale. Nel discorso di Mueller non è mancato l’orgoglio tedesco, la voglia di rivincita, visto che per il 2016 il ceo prevede che il gruppo torni a produrre utili: “Pigeremo sull'acceleratore in tutti i nostri marchi e tutti i nostri mercati più importanti", ha puntualizzato il top manager. E poi il ritorno alla dura realtà, il confronto con gli sviluppi del “dieselgate”, il più grande scandalo nella storia dell’auto, ancora da valutare in tutta la loro interezza.