Taranto come l'Ohio. La città pugliese rischia, suo malgrado, di rivestire un ruolo “chiave” - come lo Stato americano per la vittoria di Trump e la sconfitta di Clinton - a pochi giorni dal referendum. Il capoluogo del Mezzogiorno è diventato improvvisamente un ostacolo contro il quale si frantumerebbero i sogni di gloria del premier Renzi, del Pd, del partito del “Sì” alla riforma costituzionale.In queste concitate ore di campagna elettorale, la città si è trasformata in un muro di fronte al quale potrebbe arrestarsi rovinosamente la gioiosa macchina da guerra del primo ministro a causa dell'emendamento alla Legge di bilancio che prevedeva cinquanta milioni di euro da destinare all'Azienda sanitaria tarantina. Obiettivo: fronteggiare l'emergenza salute derivante dall'inquinamento industriale.Un tratto di penna ha cancellato l'investimento, provocando un'ondata di indignazione in città e la mobilitazione di un comitato di genitori dei bambini tarantini pronto a marciare su Palazzo Chigi. Ed è esplosa la polemica politica tutta interna al Pd. Con tre protagonisti: il premier Renzi in grossa difficoltà, il presidente della commissione Bilancio della camera Francesco Boccia chiamato a respingere le accuse dello stesso Renzi di aver cassato lui l'emendamento per Taranto e il presidente della regione Puglia Michele Emiliano che, sornione, avrebbe approfittato del caos al punto da garantire ai genitori tarantini di capeggiare la marcia (e il sit-in poi rientrato per rispettare il silenzio elettorale) su Roma.È lo scontro al calor bianco fra Renzi e Boccia a rappresentare il punto più delicato della vicenda perché dimostra quanto tesi siano i nervi fra i democratici e quanto il Mezzogiorno rappresenti l'area elettorale “chiave” se si vuol provare a vincere il referendum (non a caso il premier, prima del comizio finale a Firenze, sarà al Sud). “È stato il presidente della commissione Bilancio a dichiarare quell'emendamento inammissibile”, ha dichiarato il primo ministro difendendosi dalle accuse e rilanciando la palla a Boccia. Sul caso Taranto, a suo giudizio, la realtà è stata completamente mistificata. “Renzi è disinformato”, ha replicato Boccia aggiungendo che è stato il governo a bloccare l'investimento su Taranto. Poi il presidente della commissione Bilancio ha sottolineato come l'esecutivo rischi di voler mettere ora “una toppa peggiore del buco” alludendo al fatto che Renzi abbia bollato come “stravagante” la polemica rimandando al Senato la discussione di un nuovo emendamento per Taranto che ricalchi le orme del precedente.“Toppa peggiore del buco”. Gli interrogativi sono tanti. Non ultimo quello sul Senato. Forse Boccia si riferiva sottilmente anche al fatto che la dichiarazione del premier rischi di trasformarsi in un clamoroso autogol referendario. Quale Senato discuterà l'emendamento su Taranto? Quello ridimensionato dalla riforma? Evidentemente no, ma poniamo il caso fosse in vita il nuovo organismo. Scomparendo la “navetta”, Palazzo Madama potrebbe solo limitarsi a chiedere alla Camera di emendare la Legge di bilancio, ma Montecitorio potrebbe rifiutarsi senza possibilità di appello. Renzi vuol cambiare le cose, ma ha ancora nostalgia della tanto vituperata “navetta”. Grande è la confusione sotto il cielo del “Sì”come sotto il cielo del Pd.Taranto, si diceva, è già da troppo tempo alle prese con pesanti problemi di compatibilità fra lavoro e salute. La città siderurgica Ohio d'Italia pronto a voltare le spalle ai Dem? L'elettorato operaio non manca. Il resto lo faranno i prossimi giorni e quella sala vuota trovata oggi al suo arrivo dal presidente del Pd Orfini al quartiere Tamburi, così vicino allo stabilimento siderurgico Ilva da somigliargli drammaticamente.