Laika la street artist ascolta le news. Monitora i social. Sceglie una causa che le interessa. E poi parte. A brevissimo raggio: nel quartiere dell’Esquilino, a Roma, nei giorni in cui i ristoranti cinesi vengono disertati per paura di un virus. A medio raggio: in Bosnia, nel campo di Lipa, dove i migranti sopravvivono in condizioni disumane in attesa del prossimo “game”, il tentativo di attraversamento delle frontiere verso il cuore antico dell’Europa (le conseguenze delle botte che prendono, quando vengono fermati, sono tra le foto dei loro cellulari). Ma anche a più lungo raggio: in Polonia, al confine con l’Ucraina, dove la macchina degli aiuti questa volta si è messa in moto. Come dovrebbe fare anche per altre emergenze umanitarie.

«Continuando a rimanere in silenzio, si diventa complici. E anche un poster può fare la sua parte»

Laika è un’attacchina: le piace chiamarsi così, più che street artist. E le sue opere non sono murales, ma poster. Quando è pronta per la prossima incursione, mette in macchina il secchio della colla, non le bombolette spray. Ultimamente, quando è stato possibile, l’ha accompagnata Antonio Valerio Spera, 37 anni, professore all’università Tor Sapienza. L’ha contattata per un documentario su di lei: Life Is (Not) A Game è appena stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Freestyle.

«Puntare allo spazio significa avere la possibilità di guardare le cose dall’alto, dalla giusta distanza, per avere una visione più chiara» 

Romana, Laika protegge se stessa e le proprie azioni con una maschera bianca e una parrucca rosso lacca. Ha scelto il nome Laika MCMLIV: come la cagnetta lanciata nello spazio dai russi, come l’anno di nascita (il 1954, ma in numeri romani) di quel cane sacrificato per il desiderio di conquista degli esseri umani. 
Come Zerocalcare, Laika si appassiona alle faccende del mondo e va a vedere di persona come stanno le cose.

«A volte però, è prima necessario starci dentro, guardarle dritto in faccia, le cose, e solo dopo allontanarsi per comprenderle con maggior consapevolezza»

Uno dei suoi interventi murali più famosi è quello per Zaki: la prima volta l’ha ritratto con la divisa da carcerato, la seconda, lo scorso dicembre, abbracciato da Giulio Regeni. Lo ha fatto a due passi dall’ingresso dell’Ambasciata egiziana. Lo hanno staccato dopo nemmeno un giorno, nonostante avesse «usato la colla migliore di sempre». Tanto, ormai, quel poster l’avevano visto tutti. E poi lei lo ha riattaccato, «più bello ancora», una settimana dopo.

Ma di motivi per agire di notte Laika ne ha tanti. Tra questi, l’approvazione in Argentina della legge sull’interruzione di gravidanza, finora ammessa solo in caso di stupro o di pericolo di vita. Lo aveva fatto ricordando che «solo 60 Paesi permettono l’accesso libero e legale all’aborto; solo il 37% delle donne in età fertile vive in luoghi in cui l’aborto è consentito senza divieti». Intanto stampa e ritaglia le sue opere.

Durante la pandemia Laika sta a casa, come tutti. Legge La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante e si indigna per come vengono trattati gli ospedali cubani, a cui tagliano i rifornimenti di ossigeno, mentre i medici di quegli ospedali partono per aiutare i colleghi italiani nell’ora più buia. 

La sua street art, in quei mesi, è su Instagram: la tecnica mischia come sempre fotografia, disegni, colori e vignette. Quando viene decretato che si può uscire per fare visita ai congiunti, per motivi di lavoro e per necessità, esce.

«Io alla fine ho bisogno del blitz. Mi piace, mi dà adrenalina». 

In quell’occasione Laika ha messo Kim Jong-un che fa le corna - lo davano per morto da settimane - di fianco a un’insegna di pompe funebri. La aspetta una srotolata di 10 metri di carta, sull’odio in rete: «Questa volta voglio fare nomi e cognomi». E infatti li ha messi in sequenza, sotto gli occhi dei passanti. «Il messaggio per me viene prima del lato artistico», ha concluso alla presentazione del documentario Life Is (Not) A Game. «È una vera e propria azione con effetti immediati: finché sta lì sul muro lungo il quale cammini non puoi evitarlo, ti fa pensare».

Il documentario su Laika di Antonio Valerio Spera verrà distribuito a gennaio 2023 da Kimera Film e Morel.

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