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Diffamazione, più carcere per i giornalisti, la destra accelera. Rivolta di Ordine e Fnsi: “Pulsioni autoritarie”. Pd e M5s: “Deriva pericolosa”

Diffamazione, più carcere per i giornalisti, la destra accelera. Rivolta di Ordine e Fnsi: “Pulsioni autoritarie”. Pd e M5s: “Deriva pericolosa”

Il disegno di legge all’esame della Commissione Giustizia del Senato puntava ad eliminare, nei casi di diffamazione, il carcere per i giornalisti – come stabilito dalla Corte Costituzionale nel 2021 – ma Fratelli d’Italia cambia tutto (come anticipato da ilfattoquotidiano.it) e non solo mantiene la detenzione per i cronisti ma aumenta anche le pene. Il […]

L'articolo Diffamazione, più carcere per i giornalisti, la destra accelera. Rivolta di Ordine e Fnsi: “Pulsioni autoritarie”. Pd e M5s: “Deriva pericolosa” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Il disegno di legge all’esame della Commissione Giustizia del Senato puntava ad eliminare, nei casi di diffamazione, il carcere per i giornalisti – come stabilito dalla Corte Costituzionale nel 2021 – ma Fratelli d’Italia cambia tutto (come anticipato da ilfattoquotidiano.it) e non solo mantiene la detenzione per i cronisti ma aumenta anche le pene. Il partito di Giorgia Meloni torna ad attaccare nuovamente, dopo la legge bavaglio, la libertà di stampa: singolare anche il fatto che la presidente del Consiglio sia essa stessa una giornalista iscritta all’albo. Ma gli emendamenti presentati dal senatore meloniano Gianni Berrino, capogruppo di Fdi in Commissione, hanno subito causato la levata di scudi di M5s e Pd e della Federazione nazionale della stampa e dell’Ordine dei giornalisti, ma anche la timida presa di distanze degli altri partiti di maggioranza, Lega e Forza Italia, che – imbarazzati – prendono tempo: “Approfondiremo l’argomento in una riunione di maggioranza”.

Gli emendamenti di Berrino al disegno di legge sulla diffamazione – a prima firma di Alberto Balboni – prevedono, in particolare, il carcere fino a 3 anni e la multa fino a 120mila euro per “condotte reiterate e coordinate” di diffusione di notizie false. L’emendamento aggiunge un comma al ddl Balboni, punendo la “diffusione di notizie false con il mezzo della stampa”. Prevista anche la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da tre mesi a tre anni. “Chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’altrui reputazione, attribuisce a taluno con il mezzo della stampa o degli altri prodotti editoriali registrati di cui all’articolo 1, comma 2, fatti che sa essere anche in parte falsi, è punito, se l’evento si verifica, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 50.000 a euro 120.000”. Inoltre, “quando le condotte di cui al primo comma consistono nell’attribuzione, a taluno che si sa innocente, di fatti costituenti reato, la pena è aumentata da un terzo alla metà”. Quindi la condanna potrebbe arrivare anche a 4 anni.

L’art. 13 della legge sulla stampa (la n. 47 del 1948) era stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale (con la sentenza n.150 del 2021) proprio perché prevedeva pene detentive, in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che, nel caso di Alessandro Sallusti, ha condannato l’Italia perché per direttore de Il Giornale era stata prevista una pena detentiva (peraltro poi commutata in pena pecuniaria dall’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano). La Corte costituzionale nel 2020 aveva, tra l’altro, chiesto al Parlamento di intervenire proprio per eliminare il carcere per i giornalisti, tranne per i casi di istigazione all’odio e alla violenza. Un anno dopo, vista l’assenza di interventi della politica, la Consulta ha dichiarato illegittimo quell’articolo e chiamato nuovamente in causa il Parlamento. Che oggi risponde, ma in modo diametralmente opposto.

Il bavaglio diventa un cappio: la vendetta della destra nei confronti della libertà di informazione in Italia avanza inesorabile. Un disegno sempre più chiaro, protervo, punitivo”, commenta il senatore Pd Filippo Sensi. “Questa maggioranza ha proprio un conto aperto con la libertà di informazione. Gli emendamenti prevedono addirittura la possibilità del carcere per i giornalisti, un retaggio barbaro, condannato a più riprese da organismi europei e dalla Corte Costituzionale”, aggiungono i senatori dem membri della commissione Giustizia Alfredo Bazoli, Anna Rossomando, Franco Mirabelli, Walter Verini. “Se davvero la maggioranza andrà avanti saremmo di fronte a una deriva pericolosissima“, dichiara la senatrice M5s Dolores Bevilacqua, componente della commissione di vigilanza Rai: “Sono troppi – aggiunge – i campanelli d’allarme per la libera informazione con questo governo. Si sta superando un limite che un Paese come l’Italia non può permettersi di varcare. Faremo di tutto per impedirlo, ma confidiamo in un barlume di coscienza nella maggioranza per arginare chi sta promuovendo una norma del genere”.

“Sarebbe un grave passo indietro, si tratta di posizioni inaccettabili frutto di pulsioni autoritarie“, sottolinea il presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli. Apprendiamo di emendamenti presentati che prevedono, per la Diffamazione a mezzo stampa, il mantenimento della pena detentiva e l’inasprimento delle sanzioni pecuniare, oltre a nuove aggravanti. L’Italia è stata più volta richiamata dalle istituzioni europee e dalla Cedu per avere ancora, nel codice penale, la pena del carcere per la diffamazione a mezzo stampa. La Corte Costituzionale ha esplicitamente invitato il Parlamento, nel 2021, a rimuovere la pena detentiva per tale reato.

“Gli emendamenti dimostrano che qualcuno non ha capito molto delle sentenze della Corte costituzionale in materia. Il carcere per i giornalisti è un provvedimento incivile e denota la paura di questo governo nei confronti della libertà di stampa. Questa è l’orbanizzazione del Paese”, attacca Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi. “Parlare di carcere in caso di quella che viene considerata ‘diffamazione grave’ – prosegue Costante – significa voler mettere il silenziatore a molte inchieste giornalistiche. Appare, inoltre, del tutto pretestuosa e funzionale a un disegno liberticida la confusione tra fake news e diffamazione a mezzo stampa. Con queste norme faremo un altro salto indietro nelle classifiche internazionali sulla libertà di informazione. L’auspicio – conclude il sindacato dei giornalisti – è che in Parlamento anche pezzi della maggioranza sappiano reagire di fronte a questo ennesimo sfregio all’articolo 21 della Costituzione”.

E in effetti dagli altri partiti di governo arriva una timida e imbarazzata presa di distanze. Sul tema della diffamazione a mezzo stampa e sulle norme in esame “ho sottolineato l’importanza di focalizzare l’attenzione sui titoli degli articoli e sulla tematica della rettifica”, ha commentato la legista Giulia Bongiorno, presidente della seconda Commissione del Senato: “Adesso vedremo e approfondiremo i nuovi emendamenti, personalmente come Lega riteniamo importante focalizzare l’attenzione sul titolo e rettifica, per il resto nei prossimi giorni ci saranno delle riunioni di maggioranza”, conclude Bongiorno sottolineando di non voler entrare nel merito dell’emendamento di Fdi. Ancora più esplicita la posizione del senatore forzista Pierantonio Zanettin: “L’obiettivo di Forza Italia è ottenere attraverso la rettifica che il diffamato riottenga il proprio buon nome e la propria onorabilità. Per ottenere questo non è necessario il carcere“, afferma parlando di “emendamenti non concordati“: “Forza Italia ha dei dubbi nel merito, tenuto conto che c’è stata pure una sentenza della Corte Costituzionale al riguardo”, ricorda Zanettin. No al carcere per i giornalisti anche da Maurizio Lupi di Noi moderati.

Il firmatario degli emendamenti, comunque, non fa nessun passo indietro. Anzi difende i principi contenuti: “Togliamo le pene detentive per la diffamazione generica, le manteniamo per la diffamazione che si consuma con l’addebito del fatto preciso e falso, a tutela dell’onorabilità sociale del cittadino e della corretta informazione”, afferma Gianni Berrino. “Nessuno ha diritto di inventarsi fatti falsi e precisi per ledere l’onore delle persone. Quello non è diritto di informazione ma orchestrata macchina del fango, che lede anche il diritto alla corretta e veritiera informazione”, conclude il senatore di Fdi.

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