Il rudere dell’ex Pavan a Trieste abbattuto dalle ruspe: resa dopo la protesta e spazio alla palestra
TRIESTE. Crollano mattoni, pietre, intonaci, interi muri con ancora gli affreschi colorati di motivi floreali. Crollano grondaie e porte. Crollano i mobili antichi, dipinti con certa pittura azzurrina, roba d’altri tempi che ormai si vede solo nelle pagine Instagram, sistemati nel solaio e che, non fosse per le terribili “cacche” dei colombi durissime come croste e impossibili da togliere anche con il Viakal, farebbero gioire gli appassionati degli arredi vintage.
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E insieme crollano anche le ultime speranze di salvare questa struttura storica, del 1835: l’ex Pavan di via Frusin, a San Giacomo, in passato dimora privata di tale Eugenio Pavani (ex deputato – si racconta nel quartiere – membro della Società agraria di Trieste con un gran impegno anche – si racconta ancora – per il rimboschimento del Carso); e poi osteria, per tutto il Novecento, dove bere vino e aranciata, dove mangiare panini di mortadella e polpette all’aglio. E, ancora, bocciofila per gli anziani del rione e quindi area ricreativa fino ai giorni nostri. Addio a tutto questo.
Eppure ci hanno provato, quelli del Comitato Insieme San Giacomo: hanno tentato di salvarlo, in ogni modo, l’ex Pavan, per custodire quel pezzo di storia e svago sotto casa. Ma dove c’era l’erba (e un campo da basket costruito a fine anni Novanta), ci sarà una palestra per ragazzi. Altra storia, altra vita. Altra gioia, seppur diversa.
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Le ruspe, mercoledì mattina, hanno cominciato dal primo mattino ad abbattere il rudere. Perché, per quanto intriso di Storia e Senso, un rudere restava. Il sindaco Roberto Dipiazza, che martedì mattina – a sorpresa – si era recato in via Frusin per discutere con i componenti del Comitato, nonostante le proteste dei residenti non ha fatto marcia indietro. «Il progetto è importante – ha affermato – avremo una bella palestra per ragazzi. Di mezzo di sono i fondi del Pnrr che non possiamo perdere».
Detto fatto: ieri la demolizione è iniziata. Anche perché non c’era nessun attivista, come martedì mattina, appollaiato sulla ruspa per ore. La sortita martedì ha fermato i cantieri, ma solo di un giorno: ieri gli operai hanno lavorato indisturbati. Anche perché c’erano pochi, pochissimi attivisti. C’erano più poliziotti e carabinieri. A dimostrazione che la battaglia del Comitato Insieme San Giacomo, per quanto sostenuta da Adesso Trieste (e da alcuni giovani e meno giovani del giro degli antagonisti), ha attecchito quasi nulla sulla popolazione rionale. Non c’erano nemmeno i genitori delle scuole di fronte, a sostenere la causa. Proprio loro che subiranno i rumori e le polveri.
A poco o niente servirà l’incontro di martedì tra l’assessore Elisa Lodi e gli esponenti del Comitato, visto che la demolizione è avviata. «Ci sentiamo presi in giro», mormoravano ieri, quasi a voce bassa, i componenti del sodalizio, mentre guardavano tristi le ruspe che si abbattevano violente sui muri. Sono ancora in piedi gli alberi del giardino interno: cinque lecci in salute. L’ultimo fronte del Comitato.