Flop per il referendum nel nord del Kosovo, ma Pristina vuole lo stop alle sanzioni Ue
foto da Quotidiani locali
PRISTINA. Un flop atteso, ma dalle dimensioni ancora più ampie delle più fosche previsioni. E con conseguenze ancora difficilmente decifrabili, ma di sicuro estremamente negative. Flop che è la definizione perfetta per il referendum tenutosi domenica nel nord del Kosovo a maggioranza serba, una consultazione popolare indetta, su richiesta proprio dei serbi dell’area, per rimuovere i sindaci di etnia albanese eletti nell’aprile del 2023 solo a causa del boicottaggio serbo del voto, “vulnus” che è stato la miccia di tutte le gravissime tensioni dell’ultimo anno e mezzo.
Boicottaggio a sorpresa
Ma la consultazione, dopo un nuovo boicottaggio deciso a sorpresa della Srpska Lista, il maggior partito tra i serbi del nord, è andata praticamente deserta. Altro che 50% più un voto, il minimo per la validità del referendum. Alle urne sono andati solamente 253 aventi diritto su oltre 45mila iscritti alle liste elettorali e perciò «il voto non è valido», ha confermato ieri il numero uno della Commissione elettorale centrale (Cec) del Kosovo, Kreshnik Radoniqi, mentre i media di Pristina, in testa l’autorevole Koha Ditore, hanno puntato l’indice contro Belgrado, colpevole di aver imposto la «continuazione dello status quo nel nord», con i serbi dell’area «nelle mani della Serbia», anche a loro svantaggio. «Ho deciso di mia volontà di non votare, anche senza che me lo dicesse la Srpska Lista», replica Mladen, da Mitrovica nord, la roccaforte dei serbi, aggiungendo che le ultime mosse di Pristina, in testa il divieto dell’uso del dinaro, «ci hanno obbligato alla resistenza».
La lettura del Kosovo
Completamente opposta la lettura delle autorità del Kosovo. La colpa del flop del referendum è «solo della Serbia, che per l’ennesima volta ha interferito illegalmente nei processi elettorali» del Kosovo indipendente, ha controbattuto la presidentessa kosovara, Vjosa Osmani. Permettere l’organizzazione del referendum per la rimozione dei sindaci non riconosciuti dai serbi era «una delle condizioni» per togliere le sanzioni Ue contro Pristina, ha spiegato da parte sua il premier del Kosovo Albin Kurti. Pristina ha fatto il suo, Bruxelles mantenga le promesse, il sottinteso. Ma nulla indica che i “desiderata” di Pristina saranno soddisfatti, mentre il nord di nuovo ribolle.