Da Berlinguer e De Mita fino a Tajani e Schlein: la storia dei leader in campo alle europee
Cinque anni fa Salvini e Meloni, eletti, rinunciarono al seggio a Nord Est. I segretari regionali dei partiti promuovono la scelta dell’effetto traino
La storia è antica quanto la politica di questo Paese e affonda le radici nell’Italia della Prima Repubblica. Quando nel calendario si avvicina la data delle Europee – ma per la verità pure delle Politiche almeno dai tempi del Porcellum in poi –, infatti, scendono in campo i leader di partito. Segretari e presidenti, in altre parole, si candidano pur consapevoli in anticipo del voler rinunciare in ogni caso al seggio di Bruxelles – che nel nostro Paese, è sempre stato visto (a torto) come una sorta di cimitero degli elefanti – e con il solo interesse di trainare in alto il consenso. Leader, cioè, la cui presenza in lista è stata definita come «una ferita per la democrazia» da parte dell’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, ma che in Friuli Venezia Giulia non viene giudicata in questo modo. Anzi, spesso la logica che sottende a queste scelte, nelle opinioni dei segretari regionali, è esattamente opposta.
La storia d’italia
Giorgia Meloni deve ancora ufficializzare la sua decisione, ma, nel caso in cui dovesse correre per l’Europa, non sarebbe affatto la prima presidente del Consiglio in carica a farlo pur nella consapevolezza di non volerci andare. A precederla c’è un certo Silvio Berlusconi che lo ha fatto ben tre volte da premier: nel 1994, pochi mesi dopo la vittoria alle Politiche, nel 2004 e nel 2009. Quanto a leader di partito in campo per Bruxelles, almeno sulla carta, il conto è ancora più variegato: oltre alla stessa Meloni (2019) e Berlusconi (1999, all’epoca all’opposizione del centrosinistra a Roma), ci sono stati Matteo Salvini (2019), Gianfranco Fini ai tempi di Alleanza Nazionale (2004), Achille Occhetto (1994), Bettino Craxi (1989), il segretario della Democrazia Cristiana Ciriaco De Mita (1984) e anche quello del Partito Comunista italiano Enrico Berlinguer (1979). Gli ultimi quattro, tuttavia, non furono capilista in tutte le circoscrizioni elettorali del Paese, ma soltanto in alcuni territori.
Le ultime elezioni
Riavvolgendo i nastri della memoria fino all’ultima tornata valida per l’Europa (2019), si scopre come sono stati tre i leader di partito candidati da capolista: Salvini e Meloni in ogni circoscrizione e Berlusconi in tutte tranne in quella dell’Italia Centrale per lasciare spazio ad Antonio Tajani. Il quale, fra meno di due mesi, sarà il volto principale della campagna elettorale azzurra lungo tutto lo stivale. Restando sempre nel territorio dell’Italia orientale, quindi, cinque anni fa la rinuncia al seggio di Salvini aprì le porte del Parlamento europeo alla portogruarese Rosanna Conte, mentre quella di Meloni al vicentino Sergio Berlato (nel 2020, dopo la Brexit). Diverso, invece, il discorso per Berlusconi. Forza Italia strinse, al pari di quest’anno, un accordo elettorale con la Südtiroler Volkspartei che valse la (ri)elezione dell’altoatesino Herbert Dorfmann, peraltro capace anche di superare in preferenze (100 mila a 96 mila) l’ex Cavaliere.
I commenti in Friuli Venezia Giulia
Il prossimo 8-9 giugno all’interno della scheda elettorale per le Europee i cittadini della regione potranno senza dubbio scrivere il nome di Tajani oppure di Elly Schlein, cioè i due leader di partito che hanno già ufficializzato la loro discesa in campo e, con ogni probabilità, anche quello di Meloni. Ma cosa ne pensano i segretari locali? «Quando ci si candida bisognerebbe sempre farlo sul serio – commenta Caterina Conti, numero uno del Pd regionale –. Dopodiché capisco l’opportunità di spingere sulla figura più spendibile a livello nazionale. Parlare di democrazia ferita mi pare un po’ eccessivo, ma è indubbio che la serietà richiederebbe che ci si candidasse per farsi eleggere. E Sara Vito, infatti, correrà con questo obiettivo». Più articolata l’analisi di Marco Dreosto. «È chiaro che in un momento in cui i leader sono spesso determinanti per i risultati dei partiti – ragiona il segretario della Lega –, le opportunità di schierare candidati che attraggano preferenze non sono una variabile secondaria. Certo, in un conteso politico ideale, il vero obiettivo dovrebbe sempre essere l’ingresso a Bruxelles perché l’Europa, oggi, è estremamente importante nelle scelte che impattano su ognuno di noi. La Lega del Friuli Venezia Giulia, in ogni caso, ha dimostrato estrema coerenza candidando profili del territorio e, senza dubbio, molto preparati». E se per Sandra Savino, coordinatrice di Forza Italia «come ha detto Tajani è giusto che i segretari nazionali si prendano la responsabilità di rappresentare e governare una squadra in prima persona», secondo il numero uno meloniano in Fvg Walter Rizzetto «la politica in questo momento ha, banalmente, bisogno dei leader per cercare di consolidare il consenso» e sia come sia «i cittadini sanno molto bene che i leader di partito non andranno in ogni caso a Bruxelles, ma semplicemente traineranno la campagna elettorale» e pertanto «voteranno con estrema consapevolezza della situazione e in totale libertà di scelta».