Il passaggio di Kafka a Trieste, ma solo di striscio
La monumentale opera di Reiner Stach in tre volumi esce con Il Saggiatore. In città non si fermò mai, nemmeno da dipendente Generali, forse vi transitò
TRIESTE Il centenario della morte di Franz Kafka, avvenuta a Vienna il 3 giugno 1924, ha prodotto finalmente la traduzione italiana della biografia che Reiner Stach dedicò all'autore praghese a partire dal 2002. Se ne è incaricato Il Saggiatore col sostegno del Goehe Institut, colmando una grande lacuna, visto che lo studioso tedesco è considerato il più accreditato biografo dell'autore de "La metamorfosi", "Il Processo", "Il Castello", "Lettera al padre", "America" e tanti racconti.
La pubblicazione dei tre corposi tomi che comprendono l'opera è iniziata a marzo e verrà completata a maggio. Per trovare i più numerosi riferimenti a Trieste sono le settecento pagine della prima parte già in libreria ("Kafka. I primi anni", traduzione di Mauro Nervi) a risultare particolarmente interessanti. In esse Stach propone al lettore di addentrarsi nella vita dell'uomo e dello a partire dal 1883, anno della sua nascita in una famiglia di commercianti, via via fino alla metà del 1911.
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La biografia prosegue poi nel secondo volume con "Gli anni delle decisioni", che approfondisce il periodo da fine 1911 al 1915 (pagine 760), mentre il terzo volume, "Gli anni della consapevolezza" è incentrato sull'ultimo scorcio della vita dello scrittore (in libreria dal 10 maggio).
Con l'aiuto fra l'altro di materiali inediti individuati negli archivi della famiglia Kafka e di quella dell'amico Max Brod, Stach ha creato un percorso dalla narrazione fluida e a tutto tondo, che non manca di incastonare l'autore con efficacia nel contesto di luoghi e tempi.
Dopo la laurea in giurisprudenza nel 1906 e l'obbligatorio anno di praticantato, l'inizio della vita professionale di Kafka si lega fortemente, anche se da lontano, a Trieste, visto che all'età di 24 anni, nell'autunno del 1907, viene assunto dalle Assicurazioni Generali. Per poter iniziare la sua attività lavorativa nella filiale praghese affacciata sulla centralissima Piazza Venceslao, il primo ottobre 1907, giorno della presa di servizio, Franz si deve sottoporre a una visita medico-attitudinale. Un'indagine che, riferisce Stach, letteralmente lo radiografa: "altezza 1,81 m, peso 61 kg, battito cardiaco 78, circonferenza del collo 37 cm, circonferenza dell’addome all’altezza dell’ombelico 72 cm., colonna vertebrale nella norma, carnagione pallida, voce chiara e forte, buona dentatura e nussuna cicatrice, costituzione debole ma sana". Data tuttavia la limitata espansione toracica durante la respirazione, con sguardo sicuro il medico riscontra un rischio di sviluppare malattie polmonari in futuro.
Lavorando nel ramo assicurativo Kafka in realtà vagheggia di andarsene all'estero, per esempio proprio a Trieste, e medita di imparare l'italiano, ma nulla di ciò accadrà.
Per le Generali Kafka lavorerà soltanto pochi mesi, fino a metà luglio 1908, e non amerà quell'esperienza, in particolare per l'orario di lavoro, considerato eccessivo: dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18, sei giorni alla settimana, con straordinari gratis e solo due settimane di vacanza ogni due anni. Ormai ha cominciato a scrivere e a pubblicare e vuole un lavoro più agevole. Franz si dimette quindi "per malattia" e il 30 luglio 1908 passa all'Istituto di Assicurazioni contro gli Infortuni sul Lavoro, dove l'impegno è ridotto e gli concede la possibilità di dedicarsi alla sua vera passione: la scrittura. Continuerà ad espletare quell'attività fino al 1922. In una lettera a Milena Jesenska definirà il suo lavoro "ridicolo e miserevolmente facile... non so per cosa mi diano lo stipendio".
Nonostante il più che strumentale attaccamento al lavoro, Franz fa carriera e viene via via promosso quattro volte, fino a segretario senior nell'ultimo scorcio della sua attività, quando riuscirà finalmente a ottenere il pensionamento per salute, come aveva richiesto già cinque anni prima.
Nella vita di Kafka Trieste torna ancora una volta indirettamente pure nel progetto del viaggio che Kafka e l'amico Max Brod intraprendono nell'estate del 1911 verso l'Italia, passando per la Germania e la Svizzera. Poco prima di varcare il confine, i due amici apprendono fortuitamente che a Milano vi sono focolai di colera. Nel capoluogo lombardo si recano comunque, pur con forti timori di un contagio, ma decidono di cancellare senza appello la prevista tappa a Trieste. Desistono del tutto dal visitare la città giuliana e anche ogni altro porto del Nord Italia: pure Venezia e Genova vengono stralciate dai desiderata.
Per gli anni successivi, nel secondo volume della biografia Stach avanza inoltre l'ipotesi di un unico, brevissimo passaggio di Kafka a Trieste alla metà di settembre del 1913, con arrivo da solo in treno e imbarco per Venezia ("un viaggio ridicolmente breve" annoterà, che però gli procura mal di mare a causa di una burrasca).
Alloggerà all'hotel Sandwirth sulla Riva degli Schiavoni. Sulla base degli indizi e delle prove che ha potuto raccogliere, Stach delinea un viaggio in una fase difficile per lo scrittore: "Non sappiamo se di Trieste, la città dove aveva pensato un tempo di trasferirsi quando lavorava alle Assicurazioni Generali, abbia visto qualcosa di più della stazione e del pontile dei traghetti - riferisce Stach - non sappiamo cosa abbia fatto a Venezia, e infine non sappiamo nemmeno come abbia trascorso i due giorni successivi a Verona, a parte il fatto che visitò una festa popolare, pianse per un melodramma che vide al cinema, e rimase seduto di cattivo umore nella chiesa di Santa Anastasia, raccomandata da tutte le guide turistiche".
Benché entusiasta di Venezia ("Quanto è bella!" scriverà a Max Brod), alla fidanzata Felice Bauer confesserà: "Sono qui da solo, non parlo quasi con nessuno, sono triste fino alle lacrime. Quando stamattina mi sono alzato dal letto per guardare il luminoso cielo veneziano, e questi pensieri mi hanno attraversato la mente, mi sono vergognato. Ma cosa posso fare, Felice? Dobbiamo lasciarci".
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