Dal Baltico al Mar Nero, così l’altra Europa entra nella casa comune
Esce con Il Mulino il reportage storico e culturale di Beda Romano che racconta il processo di adesione di undici Paesi all’Ue, tra ricordi, aneddoti, visite e incontri
TRIESTE. «La parola Europa non è per loro un fenomeno geografico, ma una nozione spirituale, sinonimo di Occidente» sosteneva nel 1983 lo scrittore ceco Milan Kundera a proposito del legame indissolubile che univa le ex repubbliche popolari come Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia all’Occidente, anzitutto nella dimensione culturale. Si pensi, ad esempio, al ruolo che in età moderna una figura come Jan Hus ebbe nel promuovere fin dal Quattrocento la traduzione della Bibbia in rumeno e in ungherese, senza dimenticare che l’arte barocca, nata in Italia, domina una regione che va da Salisburgo in Austria a Vilnius in Lituania; e infine che la musica dell’Ottocento è tanto di Arnold Schönberg quanto di Béla Bartók.
Il libro di Beda Romano
L’affascinante corollario proposto dipinge l’affresco di una grande e unica civiltà, quella europea, tesi a cui è ispirato il recente saggio “Dal Baltico al Mar Nero. Viaggio alla scoperta dell’altra Europa” (Il Mulino, pp. 272, euro 17) di Beda Romano, autorevole osservatore della politica internazionale e corrispondente da Bruxelles de «IlSole24ore». Il volume è un interessante strumento di riflessione sul percorso condotto dalla fine del secolo breve dagli undici paesi dell’Europa centro-orientale che hanno aderito all’Unione europea e nel quale l’autore raccoglie impressioni e ricordi, aneddoti, letture, visite e incontri.
Il lago di Bled caro al maresciallo Tito
Romano scrive di un luogo caro al maresciallo Tito, il lago di Bled, ai piedi delle Alpi Giulie in Slovenia, in cui si pratica da tradizione il mestiere di vogatore, regolamentato dall’imperatrice Maria Teresa, la quale nel 1740 dette a ventidue famiglie della zona il diritto esclusivo di trasportare i fedeli e i pellegrini provenienti da tutta la regione che volevano pregare nella chiesa dedicata a Santa Maria Assunta. Tuttora, la professione è protetta. Per ottocento anni, la località di Bled fu un feudo affidato volta per volta a una famiglia vicina alla dinastia imperiale. Solo nel XIX diventò un centro turistico della belle époque per via non solo della bellezza del posto ma anche dei bagni termali. Lo scienziato inglese Humphry Davy, la definì «il più bel posto mai visto in Europa». Con la costruzione nel 1870 di una stazione ferroviaria a Lesce, sulla linea Lubiana-Tarvisio, il numero di turisti crebbe straordinariamente, tanto che a cavallo del secolo Bled era ormai ritenuto uno dei centri turistici più in voga dell’Impero austro-ungarico. Nel frattempo, la borghesia della Mitteleuropa si impadroniva della regione e costruiva ville e manieri. La casa più antica è stata costruita nel 1853, in stile neogotico, da un commerciante triestino, Karl Rittmayer. Attualmente è la sede del Comune.
Le vacanze estive
Vila Bled invece è il posto in cui il maresciallo Tito usava trascorrere le vacanze estive. «Provate a intrufolarvi nella villa: scoprirete che nelle sale dedicate ai ricevimenti fanno ancora bella mostra di sé vecchi lampadari risalenti al primo dopoguerra e soprattutto affreschi propagandistici inneggianti alla gloria del periodo titoista» l’invito di Romano troverà certamente riscontro.
Il viaggio in Lituania
Un’altra tappa del viaggio storico-letterario condotto dall’autore è la giovane repubblica baltica di Lituania, la cui capitale Vilnius fu definita “La Gerusalemme del Nord”. Nel 1914 la Lituania, dopo decenni di pogrom zaristi, contava ancora 350 mila ebrei. Nella sola Vilnius ve ne erano 100 mila, pari a metà della popolazione cittadina, in cui prevaleva un innegabile dinamismo intellettuale. La comunità ebraica poteva contare su numerose sinagoghe e su un proprio cimitero. Si parlava yiddish nelle strade ed ebraico nei salotti. Nella capitale lituana venivano pubblicati almeno due quotidiani in ebraico e innumerevoli libri di scrittori, filosofi, scienziati. Nell’Ottocento, la stamperia fondata nel 1795 da Baruch Joseph Romm diventò una delle più grandi tipografie ebraiche del mondo. Tutt’ora in Israele il Talmud è stampato in caratteri Romm; ancora oggi le strade ricoperte di sanpietrini del centro di Vilnius evocano straordinariamente l’antico ghetto, le sue usanze e la sua atmosfera.
Lo scrittore e psichiatra Döblin
Lo scrittore e psichiatra Alfred Döblin visitò la capitale lituana nel 1924, traendone un reportage sociologico, “Viaggio in Polonia”, uscito a Berlino l’anno successivo. Allarmato dall’aumento dell’antisemitismo nel suo paese, l’autore volle capire cosa stesse accadendo a est, quali fossero le reali condizioni di vita delle comunità ebraiche in quella parte d’Europa. Lo scrittore, egli stesso ebreo, era nato in una famiglia borghese e laica. Era curioso di scoprire chi fossero i suoi correligionari dell’Est, che continuavano a coltivare la propria lingua, i propri riti e le proprie tradizioni, rimanendo in fondo «un popolo» rispetto alle comunità ebraiche in Germania, completamente assimilate o quasi.
Gli ebrei ammessi a corte
In epoca guglielmina, gli ebrei non erano forse diventati “hoffähig” (presentabile), ammessi a corte? A proposito del suo soggiorno a Vilnius, Alfred Döblin scrisse che raramente ai tempi gli ebrei portavano un caffettano (veste da camera), indossando, invece, abiti occidentali «di gusto provinciale». Il suo racconto è meravigliato dalla vivacità dell’antico ghetto, dai numerosi negozi e dai tanti ristoranti. Vi erano scuole elementari e medie ebraiche. Nei licei le lezioni potevano essere impartite in lingua ebraica «oltre alle materie occidentali si insegnano cultura ebraica e giudaica, letteratura ebraica antica, medievale e moderna».
Il saggio di Romano ci offre l’opportunità di rivolgere lo sguardo ad Est attraverso gli occhi e la penna di un osservatore privilegiato.