Il malore fatale e il giallo dell’ambulanza arrivata 23 minuti dopo: ecco cosa è successo a Trieste
TRIESTE Una persona morta. E i soccorsi intervenuti 23 minuti dopo la prima chiamata di emergenza. Sarà la Procura a stabilire se ci sono profili di reato nella drammatica vicenda avvenuta in un terreno situato in via Santa Maria Maddalena, dietro a Valmaura, in una zona non distante dalla carrozzeria “Zampa”: il sessantatreenne triestino Franco Picinin è deceduto in seguito a un malore. I sanitari, quando sono arrivati sul posto, hanno tentato in ogni modo di salvare la persona. Ma non c’è stato nulla da fare. Stando a quanto si apprende da fonti di Questura, sono stati gli stessi sanitari del 118 a chiamare la Polizia. Un dato, questo, di non poco conto.
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La nota della Sores
Il fatto è stato reso noto, altrettanto curiosamente, o perlomeno in modo irrituale, proprio dalla Sores: la Sala operativa regionale emergenza sanitaria. Cioè la struttura di Palmanova che gestisce le chiamate di tutto il Friuli Venezia Giulia coordinando gli interventi. Ciò che si sa dell’accaduto, oltre alle conferme della Polizia sulla presenza di una pattuglia sul posto, è dunque contenuto nel report che la Sores ha inviato ai mezzi di informazione.
Le tappe orarie
Innanzitutto sull’orario della chiamata di aiuto, proveniente dalla moglie di Picinin: le 14.15. Come si saprà successivamente, l’uomo era affetto da cardiopatia cronica e diabete. «La donna – scrive la Sores – dichiarava che il marito era stato colto da malore mentre lavorava in campagna. L’uomo era cosciente e rispondeva lucidamente alle domande. La moglie dichiarava inoltre che il marito per riprendersi si era disteso su di uno sdraio tenendo le gambe alte per facilitare la circolazione».
La signora avrebbe riferito di un dolore toracico, forse un infarto in atto. Secondo il report, al telefono la signora non ha saputo comunicare all’operatore la localizzazione precisa. «Ma, proponendosi di cercare un punto di riferimento, ha dichiarato di trovarsi dietro al capannone di un’attività artigianale presente in zona. Ha inoltre aggiunto che per facilitare l’individuazione del luogo si sarebbe posizionata in strada davanti al cancello di questa attività».
Le emergenze in corso
La centrale operativa nel frattempo ha allertato le ambulanze classificando l’intervento in codice rosso, suggerendo alla signora di richiamare qualora ci fossero state evoluzioni. In quel momento, precisa la Sores, la centrale stava gestendo, su Trieste, 12 interventi con altri 6 in attesa. In genere la città di giorno può contare su otto ambulanze e due automediche. Dieci mezzi. Possibile che non ce ne fosse nessuno, fermo, pronto per le gravità? O i soccorsi in atto erano tutte emergenze importanti?
La seconda telefonata
Ma dopo oltre un quarto d’ora dalla prima telefonata l’ambulanza non arriva ancora in via Santa Maria Maddalena. Alle 14.32, quindi, la moglie richiama dichiarando che il marito non rispondeva più e che sembrava non respirare. «L’operatore Sores – evidenzia il report – ha chiesto ai presenti di intervenire con le manovre guidate di rianimazione riscontrando la loro opposizione».
Mentre l’operatore continuava a prestare assistenza telefonica cercando di far intervenire le persone sul posto con le manovre, «continuando a ricevere un diniego», un secondo operatore Sores è riuscito a far liberare un’automedica e un’ambulanza che sono intervenute in codice rosso. L’automedica è partita alle 14.29 (da Opicina dove si trovava) ed è arrivata sul posto alle 14.38. L’ambulanza, ormai liberata da un precedente intervento, è partita alle 14.36 da via Forti (Borgo San Sergio) per giungere sul luogo alle 14.39.
Ventitrè minuti
In buona sostanza sono trascorsi 23 minuti per ricevere aiuto, quando i protocolli di emergenza, per i centri urbani, prevedono un tempo massimo di 8 minuti.
«All’arrivo dei mezzi di soccorso gli operatori hanno effettuato le manovre di rianimazione cardiopolmonare– annota la Sores – che purtroppo non hanno avuto esito, e il personale ha potuto solo constatare il decesso».
La procura
Una vicenda su cui la Procura intende far luce, conferma il procuratore Antonio De Nicolo. «Verificheremo se ci sono i presupposti di reato: in linea generale, l’ipotesi del reato di rifiuto di atti d’ufficio o di omicidio colposo. Chiaramente la magistratura non si sostituisce alla pubblica amministrazione cui compete, tramite l’autorità politica di riferimento, prestare in modo efficiente i servizi». —
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