A San Donà una serra con quasi 2500 piantine di marijuana: tre ai domiciliari, una Mclaren tra i beni
Indagando su un giro di spaccio di droga nel Sandonatese, la Polizia anticrimine di Jesolo era giunta nei giorni scorsi nel giardino di un’abitazione in via Piaveran, dove è saltata fuori una serra con 544 piante di marijuana alte una sessantina di centimetri e 46 vasi con altre 1844 piantine più piccole.
Nei giorni scorsi, gli agenti delle Volanti avevano così arrestato il 59enne sandonatese Paolo Galante (conosciuto per aver a lungo lavorato come imprenditore all’estero), il giovanissimo figlio Edoardo e Amarildo Lataj, residente nell’abitazione, casa che rientra però nelle disponibilità di Galante padre.
E proprio nella grande casa di quest’ultimo – nel corso della perquisizione seguita alla scoperta della serra – era saltato fuori anche un revolver Smith & Wesson calibro 38, illegalmente detenuto, appoggiato all’interno del ripiano di un cassettone. Trovato che materiale “trita-erba”
E nell’elenco dei beni rinvenuti, anche un’auto Mclaren LT600, le chiavi di due Bmw, orologi di pregio.
Ieri, la giudice per le indagini preliminari Daniela Defazio ha convalidato l’arresto dei tre uomini, disponendo per tutti – però – anche gli arresti domiciliari.
L’unico a prendere la parola nel corso dell’udienza di ieri – senza avvalersi della facoltà di non rispondere – è stato Paolo Galante (difeso dagli avvocati Parpajola e Bevilacqua) che ha ammesso di aver allestito la serra e la piantagione insieme al figlio, ma – ha detto – di averlo fatto non a fini di spaccio, ma pensando ad una futura produzione per la coltivazione di cannabis legale; il figlio (difeso dall’avvocato Someda) si sarebbe occupato di aprire la serra ai tre lavoranti albanesi che abitavano nella casa, tra i quali il 31enne Amarildo Lataj (rappresentato dall’avvocato Igor Zornetta), trovato direttamente in possesso di oltre un chilo di hashish, suddiviso in panetti, e di oltre 5 mila euro. Per la giudice Defazio – così come scritto nell’ordinanza – «sussiste pericolo di reiterazione criminosa, concreto e attuale, tenuto conto della dimensione e strutturazione dell’attività illecita di coltivazione, del cospicuo quantitativo di hashish sequestrato a Lataj, indice di contiguità con un circuito criminale di spessore».
Così la giudice ha motivato la necessità degli arresti domiciliari per i tre indagati, respingendo quella del carcere richiesta dal pm Stefano Buccini per Galante, per il possesso della pistola.
Naturalmente, si tratta di una prima fase delle indagini, ancora ben lontana da processi, sentenze di condanna o assoluzione.