Sulle tracce di Raffaellino

Una delle città più belle d’Italia e che ci lega al nome di Piero della Francesca, lungo il percorso che va da Firenze verso Roma, è Sansepolcro. Ed è la città fondamentale nella esperienza e nella vita del pittore del Cinquecento Raffaellino del Colle. A Sansepolcro questo dimenticato pittore aveva casa e studio e ha dipinto capolavori come l’Annunciazione del 1528, che è finita nella vicina Città di Castello. Da qui si stabilisce il rapporto con l’Umbria e con le Marche. Ed ecco l’impegno, intorno al 1529-30, alla Villa Imperiale di Pesaro, in collaborazione con Girolamo Genga, e su commissione di Francesco Maria I e di Eleonora Gonzaga, noti per i ritratti di Raffaello. E quindi, successivamente, troviamo Raffaellino a Urbania, dove lascia un capolavoro meraviglioso in un convento di suore: la decorazione della Madonna del Corpus Domini, un’impresa di straordinaria bellezza.

Arriviamo nel 1529 a Piobbico, e troviamo un’Assunta molto ferma, in stretto rapporto con la Trasfigurazione di Raffaello ai Musei Vaticani, e, in qualche modo, con l’idea della Assunta di Tiziano, seppure in una posizione più statica. Ne condivide la composizione: la parte superiore e la parte inferiore, la dimensione del cielo e quella della terra, come nella Disputa del Sacramento di Raffaello nelle Stanze Vaticane. Ecco quindi il capolavoro di Urbania, da cui sono partito con la rivalutazione di Raffaellino nella mostra di Urbino del 2019. Quarant’anni fa andai a Urbania a vedere un dipinto di Cagnacci e mi accorsi di questo capolavoro, dove c’è un ritmo, una capacità compositiva e un’armonia che sono un omaggio estremo a Raffaello proprio dentro a quella maniera che vuol dire «maniera di Raffaello». L’opera ha una grazia e un’eleganza che non possono farla ritenere minore o marginali. Siamo nel 1531-32.

A Sansepolcro, dove Raffaellino ha largamente lavorato, si trova la Purificazione della Vergine. È una composizione che richiama Rosso Fiorentino, il manierista per eccellenza, attraverso la figura del sacerdote, con quell’aria magica, da stregone. È una composizione inquietante, che rientra nella concezione del manierismo toscano. Non lontano da Urbino, siamo nel 1540, vediamo la Pala di Cagli, che appare un po’ arcaica. Notevoli il San Sebastiano inginocchiato, e il cane, in una composizione che richiama la Madonna di San Sisto di Raffaello, oggi a Dresda. Andiamo ancora avanti. Raffaellino ha vissuto 46 anni più di Raffaello, e nella maturità lo distacca e lo fa sentire lontano, in un compiaciuto manierismo. Giungiamo al 1543, quando dipinge, per Sant’Angelo in Vado, la Madonna con il bambino, San Giovannino, Sant’Antonio Abate, Pietro, Paolo, Giuseppe e il committente nella grande pala per la chiesa di Santa Maria dei Servi. Qui effettivamente Raffaello è lontano negli anni, ma è ancora vicino, nella Madonna con il bambino, in una composizione abbastanza statica.

Poi proseguiamo con un’altra opera, bella quasi come quella di Urbania, raffaellesca, conservata nella casa di Raffaello a Urbino. La posizione, che viene da Raffaello, del San Giuseppe, il movimento come di lotta fra i bambini, che lo rende molto dinamico, e la Madonna intensissima sono intuizioni originali. C’è il motivo presente anche in altri dipinti, dell’angelo che incorona la Vergine. Ed è una importante testimonianza, databile 1550. Nel 1560 dipinge la Sacra Famiglia, oggi conservata nella pinacoteca di Perugia. Ancora, tre tavolette, ora nel Museo Diocesano di Urbino, Palazzo Albani. Nel clima manieristico, Raffaellino guarda l’unico grande erede che Clemente VII immaginava per Raffaello: Parmigianino. Studiato, certamente incrociato da Raffaellino del Colle, che guardava con interesse a questo artista più giovane, morto anche lui a 37 anni, nel 1540.

Troviamo poi attivo Raffaellino a Bibbiena, a Gubbio, a Sant’Angelo in Vado. Si riconosce l’intreccio con un’altra personalità centrale per il Rinascimento italiano, che è Giorgio Vasari. Vasari sa tutto, scrive tutto, studia Leonardo, Michelangelo, Raffaello, è quello che ordina la storia dell’arte italiana; e Raffaellino, a Firenze, nel 1536, aveva lavorato proprio con Vasari. Dove? Agli affreschi del salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio che dovrebbero coprire il Michelangelo della Battaglia di Cascina e il Leonardo della Battaglia di Anghiari. Tra il 1543-1544, quando Vasari si avvia a Napoli per un’importante stagione meridionale, Raffaellino è Perugia chiamato a decorare la Cappella e l’appartamento della Rocca Paolina. Quindi, anche lui raggiunge Napoli, tappa importante per un pittore zingaro, pronto ad ogni situazione in cui ci sia la tensione dell’arte in quel momento, nello spirito del tempo, e affianca Vasari nella decorazione ad affresco per il refettorio meraviglioso di Monte Oliveto. Lo incontriano ancora una volta trovare, dopo la morte di Raffello, con Michelangelo che era intrattabile, una figura di riferimento, un modello a cui ispirarsi, in Vasari, anche se più giovane di lui, essendo nato nel 1511.

Raffaellino fu anche grande amico di Bronzino. Se ne intende la connessione a Villa Imperiale a Pesaro, e poi a Firenze nei cartoni per gli arazzi in Palazzo Vecchio. Negli ultimi anni lo ritroviamo a Città di Castello e Sansepolcro, dove muore. Le sue opere sono belle e pochissimo viste. Credo che sarà una sorpresa importante. Raffaello del Colle, ricordato come Raffaellino, rappresenta la incolmabile nostalgia, quasi come quella di un figlio, per Raffaello. Inseguirlo sarà scoprire un pittore inedito, bello e luminoso, come all’inizio del secolo scorso avvenne con Lorenzo Lotto.