A Davos va in scena il ritrovo del mondo antico non al passo con i tempi
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A Davos è tutto pronto per la 54esima edizione del Forum economico mondiale. Evento che partirà lunedì e si concluderà venerdì 19 gennaio. Lo slogan dell’edizione 2024 è “ricostruire la fiducia" e le tematiche chiave riguardano la sicurezza nel mondo, la crescita, l’intelligenza artificiale e il cambiamento climatico. Ci saranno circa 2.800 partecipanti e diversi capi di Stato e di governo: il presidente francese, Emmanuel Macron, il premier spagnolo Pedro Sanchez, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken e António Guterres, Segretario generale delle Nazioni unite (Onu), nonché il premier cinese Li Qiang e il leader ucraino Zelensky. Per l’Italia ci sarà il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Un appuntamento, quello di Davos, che interessa particolarmente il mondo occidentale, lasciando sempre più indifferenti i paesi emergenti. Ad evidenziare questa dinamica è stato Domenico Giordano di Arcadiacom che ha sottolineato come se si va ad osservare l’interesse che Davos suscita nella popolazione mondiale si scopre come la maggiore attenzione arriva dai paesi occidentali. Da quelli emergenti poco. Il motivo, molto probabilmente, è perché i temi che si vanno ad affrontare sono estremamente interessanti ma rimangono nella sfera dottrinale. Non c’è un risvolto pratico. L’intelligenza artificiale, per esempio, è un argomento attuale molto dibattuto ma fermarsi a dire che il 40% dei lavoratori sarà sostituito dal progresso, non è una novità e non aggiunge nulla di concreto all’attuale scenario.
Davos è una bella vetrina per i leader del mondo occidentale dove si discute dei massimi sistemi a livello globale, senza però incidere particolarmente sugli eventi che caratterizzano il mondo. Basti pensare che in questo meeting il Presidente degli Usa, Joe Biden, non partecipa, così come non si sono mai presentati George Bush e Barack Obama quando guidavano gli Usa. Aspetto emblematico. Se fosse un meeting decisionale o comunque che ha la forza di influenzare le dinamiche mondiali, i diversi presidenti americani avrebbero partecipato ogni anno. A riprova del fatto che si tratta di cinque giorni gradevoli, tra i monti svizzeri (dove il panorama non è neanche così brutto) a disquisire della qualunque, stringendo mani.
Come per tutte le cose, l’importante è però averne la consapevolezza. Il riconoscere che Davos è un salottino per i potenti dove si discute in modo piacevole è importante per darne il giusto peso. Continuare a pensare che Davos possa rappresentare un punto di svolta per i temi chiave attuali è utopistico. Certo, nei suoi 50 anni di storia, come amano ricordare i fan del meeting, qualche risultato è riuscito a portarlo a casa, ma essendo un enclave del mondo occidentale e dunque dei suoi interessi (tipicamente dominato da uomini!), si capisce la portata limitata. Il disinteresse dei paesi emergenti dovrebbe essere un forte campanello d’allarme, visto che l’economia, la finanza e la crescita si stanno sempre di più spostando da quella parte. Senza poi dimenticare le attuali tensioni geopolitiche che caratterizzano l'area.
Certo, si può decidere di rimanere nel proprio salotto, davanti ad un caminetto, a sorseggiare un whisky costoso e a parlare di intelligenza artificiale e delle sue implicazioni o aprire gli occhi sul mondo reale e iniziare a capire che l’attenzione dei paesi in via di sviluppo non è cosa da poco.