Macron si allarga a est, e compete anche con Roma

Il presidente francese è sotto pressione sia all’estero sia in casa propria. All’estero la sequenza di colpi di Stato che nello scorso quinquennio ha interessato l’Africa - Niger, Burkina Faso, Sudan, Guinea, Ciad e Mali - si è tradotta in una perdita secca di profondità strategica per Parigi. Crisi ulteriormente amplificata dal disimpegno del finanziere bretone Vincent Bolloré, il cui ramo logistico africano era storicamente considerato come una naturale estensione dell’Eliseo ma è stato ceduto di recente. Sul fronte domestico, invece, è ormai aperta la corsa alle prossime Presidenziali.

Marine Le Pen scalpita, convinta che sia davvero arrivato il suo turno per insediarsi all’Eliseo. Resta da vedere se Gabriel Attal, «delfino» del presidente e primo ministro, riuscirà a suonare la riscossa per i macroniani dopo il biennio di Élisabeth Borne, tanto composta e diligente quanto incolore. Attal, però, è arrivato da poco, mentre sono già alle viste le elezioni europee che serviranno a dare qualche indicazione sulle tendenze in atto. Ce ne sarebbe abbastanza da stroncare un elefante, ma, secondo il suo abituale stile, Emmanuel Macron ha scelto di passare al rilancio per ribadire lo status francese nelle vicende mondiali.

A livello europeo, a caratterizzare le mosse del presidente è soprattutto il rilancio in grande stile dell’industria transalpina. Sono in particolare frequenti i richiami dell’Eliseo per un potenziamento del «procurement» europeo della Difesa, di cui ovviamente beneficerebbero le aziende francesi, e le sue recenti dichiarazioni circa la possibilità di dislocare truppe occidentali in Ucraina vanno lette anche in questo senso. A impensierire Macron è soprattutto la convergenza industriale italo-tedesca nella difesa, così come l’intenzione di Rheinmetall di produrre munizioni per l’Ucraina con stabilimenti in loco. Anche quando c’è da comprare munizioni fuori dai confini europei, il presidente cerca il modo di strappare contratti per le aziende francesi. Si prenda il caso della sua recente visita francese a Praga. Ad accoglierlo c’era il suo omologo ceco Pavel che, nella cornice della Munich Security Conference di febbraio, aveva annunciato di aver individuato 800 mila proiettili di artiglieria in vari Paesi pronti all’acquisto per poterli inviare in Ucraina. Macron non ha fatto una piega e ha accolto pubblicamente con favore il piano ceco di acquisire le munizioni di cui Kiev ha estremo bisogno.

Così facendo, l’inquilino dell’Eliseo si è accodato a una quindicina di Paesi, tra cui Gran Bretagna, Belgio, Danimarca, Canada, Svezia e Paesi Bassi, che hanno espresso il sostegno al piano ceco. Tuttavia c’è dell’altro: Macron e il primo ministro ceco Petr Fiala hanno firmato un piano d’azione franco-ceco per un partenariato strategico a lungo termine che dovrebbe incrementare ulteriormente la cooperazione nel settore dell’energia nucleare. A differenza di altri Stati europei, Praga e Parigi fanno entrambe grande affidamento sull’energia nucleare, e il governo ceco sta attualmente cercando di costruire fino a quattro reattori nucleari, con il gigante nucleare statale transalpino EDF e la coreana KHNP che competono tra loro per aggiudicarsi il progetto. In sintesi: quando non riesce a fare da ariete per imprese della Difesa come Thales e Safran, Macron si sforza sempre di trovare altri varchi per l’industria francese.

Alla «contrazione» francese in Africa fa da contrappunto la corte serrata dell’Eliseo al premier indiano Narendra Modi, volta a valorizzare il ruolo di Parigi in Indocina e ovviamente a fare affari con il mercato indiano della Difesa. Quest’ultimo sconta una grave arretratezza, ma al contempo deve offrire soluzioni all’altezza di un vicino assertivo quale è la Cina, e promette dunque una crescita sostenuta nel corso dei prossimi anni. Prende quindi corpo una concorrenza serrata tra Macron - il quale oltre che per Thales e Safran fa da «lobbista di Stato» per conto dei soliti Airbus e Naval Group - e Giorgia Meloni, chiamata a rendere pan per focaccia ai francesi. In attesa che in tarda primavera l’ambasciatore italiano a New Delhi Vincenzo De Luca sia avvicendato dal suo collega Antonio Bartoli, a Parigi hanno pensato bene di nominare come inviato speciale per il corridoio indo-arabo-mediterraneo (l’Imec) Gerard Mestrallet, veterano del settore energetico francese ed ex amministratore delegato di Engie. Una nomina di peso, questa, che è stata abbondantemente ripresa dalla stampa indiana. La concorrenza tra Parigi e Roma, dunque, non si limita più a Nordafrica e Mediterraneo, ma traguarda l’Oceano Indiano: all’hashtag #Macromodi si contrappone #Melodi.