C'è un eolico possibile

Uno «strumento vitale per la transizione energetica». Così l’Agenzia internazionale dell’energia definisce l’eolico offshore galleggiante, una tecnologia «green» ancora giovane ma molto promettente. Perché consente di costruire in mare aperto grandi centrali rinnovabili utilizzando turbine gigantesche che catturano il vento, generalmente più costante rispetto alla terraferma, anche dove i fondali sono profondi. «I parchi eolici galleggianti potrebbero sbloccare il vasto potenziale delle aree oceaniche con una profondità d’acqua troppo grande per le turbine fisse» sottolinea l’Aie. «Si prevede che le aree profonde e relativamente vicine alla costa in Francia, Giappone, Corea del Sud, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e costa occidentale degli Stati Uniti saranno le prime a vedere l’implementazione su larga scala di questa tecnologia». Si tratta della nuova frontiera dell’eolico offshore, dopo che i mari con i fondali bassi, come quelli a nord della Germania, sono stati ricoperti di pale e già abbondantemente sfruttati. Oggi nel mondo sono attivi solo cinque parchi eolici galleggianti ma il loro numero sta crescendo rapidamente. Sono formati da decine di piattaforme triangolari costituite da tre grosse travi di acciaio collegate tra di loro, su cui si installano le turbine. Queste sono molto più grandi rispetto alle turbine terrestri, e la loro produzione di energia è da tre a cinque volte maggiore. Le piattaforme vengono montate nei porti e poi sono rimorchiate nella loro posizione in mare aperto e quindi fissate al fondale con ancore. A quel punto le turbine vengono collegata con cavi sottomarini alla terraferma.

I vantaggi di questa fonte rinnovabile sono evidenti: maggiore potenza unitaria degli impianti, vento che soffia con superiore regolarità, nessuna perforazione del fondale marino e minore impatto sul paesaggio. Gli svantaggi sono i costi: gli investimenti richiesti sono molto più alti rispetto al rinnovabile tradizionale ma si prevede che, con una maggiore diffusione dell’eolico offshore galleggiante, le economie di scala renderanno queste centrali più economiche. E visto che in Italia l’opposizione ai parchi eolici su terra sta crescendo (vedi riquadro nell’altra pagina), questa nuova tecnologia meno impattante sul territorio potrebbe rappresentare la soluzione per raggiungere gli obiettivi che si è dato il nostro Paese: potenza installata rinnovabile di circa 130-140 Gigawatt al 2030, e all’appello mancano ancora 50-60 Gigawatt.

«Io penso sinceramente che l’Italia non ce la farà a raggiungere questi traguardi senza l’offshore galleggiante» sostiene Ksenia Balanda, direttrice generale della joint venture Renantis-BlueFloat Energy per l’Italia. Balanda, laureata in economia e in costruzioni civili, e con un master in Bocconi, ha lavorato per 15 anni in Enel e ha accumulato una vasta conoscenza in campo energetico, da quello più tradizionale fino alle rinnovabili. Ora guida la Renantis-BlueFloat Energy per l’Italia, l’alleanza tra l’ex Falck Renewables e la società spagnola specializzata in eolico galleggiante che ha un portafoglio di progetti in sviluppo per oltre 20 gigawatt (una media centrale elettrica a carbone arriva a tre gigawatt).

Renantis e BlueFloat Energy puntano a sviluppare nel corso dei prossimi anni sei parchi eolici offshore galleggianti in Italia, con un investimento di 18 miliardi di euro per una capacità di 5,5 gigawatt. In dicembre e in marzo la joint venture ha presentato gli studi di impatto ambientale per due parchi eolici al largo delle coste pugliesi. «Uno avrà 78 turbine e l’altro 90, a una distanza dalla costa da 12 fino a 24 chilometri e con una capacità totale installata di 2,5 gigawatt: tanto quanto la centrale a carbone di Brindisi» spiega la manager. Per realizzare una centrale eolica galleggiante ci vogliono circa quattro anni. Se il via libera ai progetti presentati da Renantis e BlueFloat Energy arrivasse nel 2025, il cantiere partirebbe nel 2026 e nel 2030 la costruzione sarebbe conclusa.

Il problema è che l’Italia viaggia con i suoi tempi e ciò rende complicato lo sviluppo di questo tipo di eolico: il decreto Fer2, il provvedimento finalizzato a incentivare la produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili innovativi o con costi di generazione elevati, viaggia in ritardo e di conseguenza non si sa ancora di quali incentivi godranno questi «parchi». Gli operatori sono anche in attesa di conoscere quali sono le aree idonee marine alla realizzazione di impianti eolici offshore. Inoltre il loro iter autorizzativo, anche se un po’ velocizzato, resta ancora lungo. «Bisognerebbe dare la priorità all’eolico galleggiante perché permette di raggiungere più rapidamente gli obiettivi di produzione di energia rinnovabile» insiste Balanda, che ricorda i vantaggi per le regioni che ospitano i parchi: nuove attività per i porti e per l’industria con la creazione stimata di 1.500 posti di lavoro diretti con punte di quattromila nei periodi di massima attività e oltre 150 posti di lavoro permanenti per tutti i 30 anni di vita utile del parco. Intorno all’eolico galleggiante si è creato un interesse anche da parte di settori diversi: la Floating Offshore Wind Community di The European House-Ambrosetti è un’iniziativa decollata la scorsa primavera in collaborazione con Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri e Acciaierie d’Italia, la cui missione è «sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica sull’eolico offshore galleggiante e costruire una strategia comune per facilitare la diffusione di questa prossima frontiera della produzione energetica in Italia». Vi hanno aderito 33 rappresentanti istituzionali, pubblici e privati tra cui il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, le Regioni Sardegna, Puglia e Sicilia, Enea, Eni, Intesa SanPaolo. Per la Puglia la costruzione di un parco eolico galleggiante rappresenta per esempio un’opportunità di produzione per Acciaierie d’Italia (l’ex Ilva), dato che ogni impianto necessita di cinquemila tonnellate di acciaio.

Secondo Ksenia Balanda l’Italia è in una posizione ideale per lo sviluppo dell’eolico galleggiante: è al centro del Mediterraneo, circondata dal mare, e potrebbe diventare un hub energetico e industriale per tutta l’area. E uno studio della società di consulenza Ambrosetti presentato il 2 febbraio scorso conferma che il Paese potrebbe diventare il terzo mercato mondiale per tale fonte rinnovabile. Una boccata d’ossigeno per la nostra industria dell’acciaio e per la cantieristica, già ricca di esperienza nel settore delle piattaforme galleggianti.