Antonella Ruggiero: «Il mio canto è ancora libero»
«Lo hanno afferrato in malomodo, trascinato brutalmente giù dal palco e portato chissà dove... Non dimenticherò mai il volto gentile di quel ragazzo russo che nel mezzo di un concerto dei Matia Bazar a Mosca, durante gli anni della Guerra fredda, era riuscito a superare il muro di militari schierati davanti al palco per donarmi un fiore: nel farlo fece cadere a terra inavvertitamente il mio microfono. Da lì la reazione sproporzionata e violenta delle guardie. Ci sono rimasta malissimo» ricorda Antonella Ruggiero, per 14 anni voce dei Matia Bazar, la band di successi italiani ed internazionali come Solo tu, Per un’ora d’amore, Vacanze romane e Ti sento.
«Disco, promozione, tour: alla fine degli anni Ottanta ho detto basta a quel meccanismo sempre uguale a sé stesso. L’ho comunicato alla band con un anno di anticipo, mi sono ripresa la mia vita e non mi sono mai pentita di aver fatto quella scelta» spiega pochi giorni prima dell’uscita di Altrevie, un album intenso e rivoluzionario realizzato con il marito, produttore, compositore e musicista, Roberto Colombo. «I testi delle canzoni non sono in italiano, ma in una lingua immaginaria e inedita ottenuta attraverso la manipolazione digitale delle parti vocali che avevo inciso per l’album Libera nel 1996» rivela. «Una volta separate le tracce vocali originali dalla parte strumentale, le ho riprodotte al contrario con la tecnica del “reverse” utilizzata fin dagli anni Sessanta dai Beatles e da Jimi Hendrix». La tecnica consisteva nel registrare normalmente le voci o gli strumenti sul nastro magnetico che successivamente veniva trasferito su vinile facendolo girare al contrario in alcuni punti. Il risultato finale era un effetto sonoro incredibile, straniante come se la musica venisse da un altro pianeta.
«Per Altrevie ho fatto la stessa cosa digitalmente scegliendo i fonemi più significativi della voce di Antonella e costruendo nuove linee melodiche» racconta Colombo, sul palco insieme alla PFM alla fine degli anni Settanta nei leggendari concerti di Fabrizio De André immortalati in due dischi dal vivo che sono storia della musica italiana. «Avvertivo la necessità di fare qualcosa che non avesse appigli con le dinamiche commerciali della musica che ci circonda oggi. Se parliamo di musica mainstream, i brani che hanno riscosso successo planetario han
In Altrevie, invece, la voce diventa volutamente strumento tra gli strumenti, il testo è immaginario e le canzoni sono colonne sonore di film immaginari. «È stato un gioco molto divertente, nel segno della perfetta sintonia e complicità tra me e Roberto» dice la vocalist aggiungendo che «le parti grafiche sono state realizzate con il collettivo Libri Finti Clandestini, un gruppo di ragazzi bravissimi che lavora ancora con carta forbici e colla e che hanno realizzato l’artwork attingendo dalla mia personale collezione di centodieci libri antichi dedicati all’infanzia e all’adolescenza». Fare musica per il gusto di esplorare orizzonti nuovi: è quello che fa Antonella Ruggiero da quando non è più parte della band: «Ho sempre fatto a modo mio, anche quando ero giovanissima. L’avventura con i Matia Bazar e quindi la mia carriera è iniziata direttamente sul palco. Non ci sono stati preamboli e provini, anche perché non avrei mai preso parte a selezioni o concorsi canori e mai mi sarei esposta alla valutazione di persone giudicanti. Ho conosciuto i ragazzi del gruppo e poco dopo a bordo di un furgone abbiamo iniziato a girare l’Italia».
Poi, l’Europa, fino al Giappone, dove una sera può capitare di ritrovarsi a cena con Freddie Mercury: «Ci siamo incontrati a Tokyo nella villa di un facoltosissimo discografico giapponese e così con grande naturalezza ci siamo messi a chiacchierare come persone normali, con un tono molto amichevole con una piacevole musica di sottofondo e un tavolo imbandito di sushi. Conosceva i Matia Bazar grazie al successo internazionale di Ti sento… Una serata serena e rilassata insieme al mio gruppo e a un uomo gentilissimo. Vede, io dei grandi riconosco e ammiro la bravura, ma quando poi me li trovo di fronte, come quella sera a Tokyo, non penso al mito o alla leggenda: mi interessa solo la persona».