Damon Imani, il piccolo diavolo che sbeffeggia le certezze «woke»

Lo sconosciuto è in piedi sul palco del World Economic Forum di Davos, il consesso mondiale dove s’incrociano la politica e l’economia ai più alti livelli di potenza. Lo sconosciuto è serio, ma la sua estetica è in dissonanza con le tipiche liturgie del Forum: è un tipo grigio, mingherlino, ha i capelli ridicolmente tagliati a scodella e una barbetta rada gli incornicia il volto magro. Anche il suo vestito è grigio, ma di fattura modesta, e un improbabile tatuaggio musicale gli occhieggia dal colletto della camicia bianca. Dal palco, lo sconosciuto osserva la platea in modo poco amichevole. Poi pronuncia poche parole: «Vi ringrazio di avermi offerto l’opportunità di essere qui, e di mandare affanculo Klaus Schwab e il vostro nuovo ordine mondiale. Noi, il popolo siamo nati liberi e resteremo liberi, mentre tutti i globalisti, compresi voi che sedete in questa stanza, potete andare a farvi fottere». A queste offese la platea si alza, indignata. E anche al corpulento Schwab, sconvolto dall’offesa, non resta che sollevarsi dalla poltrona e abbandonare la sala.

Il video è clamoroso, ma non è un vero video. E anche lo sconosciuto, in realtà, non è uno sconosciuto. Perché è un genio della creatività, e con le sue brevi clip - accuratissime e insieme falsissime - è già una star in America e sicuramente merita una fama mondiale. Il tipo mingherlino con i capelli a scodella si chiama Damon Imani, ha origini iraniane e neanche quarant’anni, e di sé dice di essere «un produttore e un artista che crea video satirici». Ma la descrizione è riduttiva, perché Imani è una forza della natura. È l’incarnazione ironica del pensiero anti-mainstream, è la spada puntata al cuore del politically correct, delle teorie gender e dell’ideologia «woke» con le sue assurdità lessicali. Nei suoi video, il creativo iraniano pronuncia verità letteralmente sconvolgenti per le orecchie ormai narcotizzate degli americani. E i suoi filmati esilaranti e amari spopolano su tutti i social network, da Instagram a TikToK, da Facebook fino a X. Tanto che, nella dura campagna per le presidenziali degli Stati Uniti dei prossimi mesi, Imani rischia di trasformarsi nella più efficace arma di propaganda per Donald Trump e per la destra repubblicana.

Non è un’iperbole. Proprio su X, alla fine di marzo, il proprietario della piattaforma Elon Musk ha rivelato ai suoi 180 milioni di follower di essere un seguace di Imani e ha postato in un colpo ben 16 minuti delle sue gag più riuscite, presentandole come «falsi più veri della realtà». È un florilegio di clip veloci e dissacranti. Ogni volta, Imani riesce a creare video più che perfetti, dove viene intervistato in veste di opinionista da conduttori famosi e irrimediabilmente sinistrorsi, come Whoopi Goldberg, o da «icone» della stampa progressista, come la giornalista Jeanne Moos di Cnn-News. Grazie a fondali riprodotti a con cura minuziosa, e a una scelta delle sequenze che lascia ipotizzare il genio, e forse l’impiego dell’intelligenza artificiale, Imani crea situazioni surreali e strepitose. Il paradigma è sempre lo stesso. Il video si apre con lui che, sconcertato, scruta i suoi avversari (in realtà sono soprattutto donne, e prevalentemente nere) mentre pronunciano le verità più radicate del buonismo democratico, le più viete litanie dell’antirazzismo à-la-page, il verbo del femminismo gauchista, le estremizzazioni catastrofiche di certe ideologie ambientaliste. Imani ascolta tutto con un’aria sempre più disgustata, a volte dà un morso a una banana. Poi, a un certo punto, interviene, e con aria seria e piglio concreto, da uomo della strada, pronuncia poche frasi lapidarie, piene di buon senso. E ogni volta distrugge le tesi che ha ascoltato, lasciando gli interlocutori senza parole. Quasi sempre il finto clip termina con lunghi piani-sequenza (anch’essi tecnicamente perfetti) sui volti di giornalisti e opinionisti di sinistra, scandalizzati e ammutoliti da quanto Imani ha appena detto. Infine, dato che le verità dell’iraniano sono «scandalose» e spesso proibite sui media americani, la trasmissione viene interrotta, e cade.

Imani, insomma, è un coraggioso disturbatore della quiete pubblica. Difende le posizioni di Trump, quando le accuse che gli vengono rivolte sono false o faziose. E rivela le bugie propagandistiche del presidente Joe Biden di cui è praticamente l’unico a sostenere in pubblico che pare affetto da demenza senile. Per tutto questo un giorno, forse, lo vedremo davvero in tv. Magari come senatore. E allora sarà dura capire che non si tratta di un fake.