Se il ristorante non vuole i razzisti è razzista?
Cinque politici – dirigenti di Afd, il partito di estrema destra tedesco (e negazionista dell’Olocausto) Alternative für Deutschland – mandano una mail per prenotare in uno dei ristoranti più amati di Berlino, il Bocca di Bacco, e la risposta che ricevono è la seguente: «Non serviamo i politici e i loro dipendenti che discriminano le persone sulla base della loro origine, opinione, religione, posizione politica e colore della pelle». Non solo, «no non c’è posto», ma un no totale e motivato.
La domanda rimane: si può evitare l’accesso a qualcuno nel proprio ristorante? Perché se è vero che «a casa tua fai entrare chi vuoi tu», il ristorante non è proprio una casa ma resta un locale pubblico, e come tale il divieto di accesso – in Italia – viola l’articolo n. 187 del Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza: «Salvo quanto dispongono gli artt. 689 e 691 del codice penale, gli esercenti non possono senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo». Gli articoli 689 e 691 del codice penale riguardano la somministrazione di alcol a minori o persone in stato di manifesta ubriachezza, quindi non c’entrano.
D’altra parte è anche vero che un ristorante si compone di tanti aspetti: della qualità della cucina ma anche dell’atmosfera e di chi lo frequenta. Motivo per il quale le «liste di ingresso» esistono in tanti locali notturni e la selezione dei clienti in ristorante (e anche hotel) avviene continuamente, anche senza che i clienti se ne accorgano: un ristoratore può «scegliere» i propri clienti dimostrandosi particolarmente scortese con chi non vuole più rivedere ai suoi tavoli, ovvero particolarmente gentile con i clienti che vuole fidelizzare. Ma questo precisa e capillare selezione, di solito, avviene nell’ampio mondo delle sfumature e del non detto.
In questo caso invece la scelta è quanto mai esplicitata e anzi il diniego del proprietario, Alessandro Mannozzi, sembra voler essere una dichiarazione di intenti, addirittura discriminante con chi discrimina? Spiega Mannozzi: «Noi accogliamo ospiti da tutto il mondo, gente di provenienza, genere e etnia molto diverse. Parlano lingue diverse, professano religioni diverse. Ma l’Afd non condivide questa apertura, tolleranza e accettazione. Chi non approva i comportamenti di questa casa, non è bene accetto».
Una scelta che parla di civiltà – di accettazione e tolleranza (quindi più simile a quando – regolarmente – qualche bambino maleducato viene cortesemente allontanato da qualche ristorante) – ma anche una presa di posizione «politica», particolarmente significativa in un periodo come questo (Fiera del Libro di Torino inclusa) in cui il ritorno diffuso e a volte sfacciato di un sentimento di destra innesca una nuova polarizzazione. Un «io non ci sto», espresso in vari modi e ambienti, anche al ristorante.