Vocabolario dei desideri, X come X-Files
Vedevamo X-Files nel nostro micro appartamento a Gerusalemme. Lei studiava all’università e io ancora non avevo deciso cosa volevo insegnare. Lei aveva due lavori e si vestiva elegante, io ero disoccupato, mai rasato e in generale un po’ perso. Ma nel momento in cui partiva la sigla del programma lei si sedeva vicina vicina, perché la proteggessi da tutte le paure. Mi sentivo un vero uomo. Avevamo un divano piuttosto grande, ma si appiccicava così forte che ne occupavamo a malapena un quarto. Ogni tanto buttavo lì un commento. «Hai notato che finisce sempre che Mulder lascia Scully da sola?». O: «Perché il tempo fa sempre schifo, in questa serie?». Lei non apriva bocca. Teneva gli occhi inchiodati allo schermo. La bocca socchiusa. Dopo lo facevamo sul divano, sull’onda dell’adrenalina. Lo chiamavamo: Sex-Files. Una settimana fa ho letto che la serie, interrotta ormai da anni, torna con sei nuove puntate. Ho mandato al suo telefono il link alla notizia, il cui titolo era: «La verità è ancora là fuori». Sotto ho scritto: «E se ci organizzassimo per Sex-Files?». Mi ha risposto con una faccina sorridente. Del tipo che mandi a un collega di lavoro. Non ho desistito. Mi sono informato su quando avrebbero trasmesso la prima puntata. E nella riunione settimanale per l’organizzazione… Ogni sabato sera ci sediamo in riunione, uno davanti all’altra, ognuno con la sua agenda, e ci suddividiamo i compiti. Ho proposto di tenerci liberi mercoledì alle nove e mezza per vedere X-Files. Per tutta risposta, lei ha annuito e l’ha inserito nella sua agenda.
Di solito preparo la cena ai bambini alle sette e mezza. Quella sera ho anticipato alle sei e mezza. Si sono lamentati, non avevano fame. Ho risposto che la fame vien mangiando. Alle otto erano già tutti in pigiama a letto dopo la doccia e una storia della buonanotte abbreviata. Alle otto e mezza sono entrato in doccia. E quando sono uscito mi sono rasato e spruzzato il dopobarba che le piace. Si è presentata alle nove e un quarto. Con abiti da lavoro e tacchi alti. Ho detto: «Ti sei dimenticata che avevamo fissato?». Ha detto: «Ma figurati! C’era traffico». Ho detto: «Comincia tra poco». Ha detto: «Una doccia e arrivo. Intanto mi versi un bicchiere di vino?». Alle nove e venticinque è scesa in salotto. In tuta da ginnastica. Si è scolata il vino in un sorso. Mi ha annusato il collo e ha commentato: «Profumi di buono». Alle nove e mezza, quando è cominciata la sigla, mi si è appiccicata così forte che occupavamo a malapena un quarto del divano. Alle nove e quarantacinque… Mi si è addormentata sulla spalla. Alle dieci la nostra figlia maggiore è uscita dalla cameretta e mi ha detto: «Papà, questa musica fa una paura tremenda, non riesco a dormire!». L’ho invitata a sedersi vicino a me. Per verificare che il demonio non è poi così spaventoso, Ogni tanto buttavo lì un commento.
«Hanno proprio un bell’aspetto considerata l’età, Mulder e Scully». O: «Perché il tempo fa sempre schifo, in questa serie?». Lei non apriva bocca. Teneva gli occhi inchiodati allo schermo. La bocca socchiusa.
ESHKOL NEVO è nato a Gerusalemme nel 1971. Nipote di Levi Eshkol, terzo primo ministro di Israele, dopo un’infanzia trascorsa tra Israele e Stati Uniti, ha completato gli studi di Psicologia a Tel Aviv. Allievo di Amos Oz, insegna scrittura creativa nella scuola da lui fondata. Nostalgia, La simmetria dei desideri e Tre piani, pubblicati da Neri Pozza, sono i suoi romanzi più conosciuti e amati dai lettori.
(Traduzione di Raffaella Scardi)