El Salvador, Evelyn, libera dopo 33 mesi di carcere per aborto
Evelyn Beatriz Hernandez è finalmente libera. Ha passato 33 mesi, quasi 3 anni, in carcere: sarebbe stata destinata a rimanere in cella per 30 anni (i pm avevano chiesto una pena di 40 anni), se la sua condanna non fosse stata annullata per mancanza di prove e non fosse stato celebrato un nuovo processo, al termine del quale Evelyn è stata giudicata non colpevole. La ventunenne, che vive in El Salvador, è stata una vittima di stupro ed è rimasta incinta del suo aggressore.
Alla 32esima settimana di gravidanza, nel 2016, ha sentito dei forti dolori addominali e ha espulso il feto in un bagno all’aperto: il corpicino fu trovato senza vita in una fossa settica. La madre di Evelyn riferì di averla trovata svenuta vicino alla latrina, e la ragazza spiegò che non aveva idea di essere incinta. Entrambe hanno assicurato di non sapere che ci fosse un feto nella fognatura, ma i pubblici ministeri non ci hanno creduto e hanno denunciato Evelyn. Gli esperti forensi, però, non sono stati in grado di determinare se il feto fosse morto nell’utero o nella fossa settica.
Nel nuovo processo, l’accusa contro la donna era che non fosse riuscita a proteggere il suo feto. «Riteniamo che il giudice sia stato molto equo nella sentenza», ha affermato l’avvocato di Evelyn, Bertha Maria Deleon. «Ha detto che non c’era modo di provare il crimine e per questo motivo l’ha assolta».
El Salvador è una delle tre nazioni centroamericane dove vige il totale divieto di aborto: le donne che si presentano negli ospedali pubblici dopo un aborto spontaneo sono talvolta accusate di aver ucciso il feto e ritenute responsabili di omicidio aggravato, che comporta una pena da 30 a 40 anni.
I medici sono tenuti a informare le autorità se ritengono che una donna abbia cercato di porre fine alla sua gravidanza. Se non segnalano casi del genere, anche loro possono essere condannati a molti anni di detenzione. Dal 2000, ci sono state oltre 100 condanne per crimini legati all’aborto in El Salvador.
Secondo il quotidiano britannico The Guardian, la maggior parte delle donne condannate per omicidio in seguito ad un aborto (tentato o riuscito) sono soprattutto «contadine condannate in base a prove blande, anche in seguito a complicazioni ginecologiche come aborti spontanei o parti prematuri».
«Quella di Evelyn è una clamorosa vittoria per i diritti delle donne in El Salvador. Conferma che nessuna donna dovrebbe essere ingiustamente accusata di omicidio per il semplice fatto di avere subito un’emergenza ostetrica», ha affermato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International America.
El Salvador è un paese profondamente religioso: l’80% della popolazione di sei milioni di persone si identifica come cristiana cattolica o evangelica. E ogni anno circa 25 mila donne del Paese rimangono incinte dopo le violenze sessuali: si ritiene che ogni anno vengano eseguiti migliaia di aborti clandestini.