Muore dopo 31 anni di coma, il padre: «Mai pensato di staccare la spina»
«Non abbiamo mai pensato all’idea di staccare la spina. Ignazio ci dava la sensazione di percepire qualcosa. Abbiamo sperato fino all’ultimo. E invece… D’altronde la vita è così. Va vissuta, non ragionata». Hector Okamoto, 76 anni, messicano di origine giapponese, è il padre di Ignazio, morto venerdì 23 agosto a 54 anni dopo averne trascorsi 31 in coma. Le sue parole, raccolte da Quotidiano.net, sono quelle di chi ha vissuto una vita per il figlio.
Lo ha fatto con la moglie per tutti gli anni dall’incidente in cui era rimasto coinvolto il figlio. Ignazio era in coma dalla primavera del 1988 dopo un incidente stradale. L’auto su cui era con altri quattro amici è uscita di strada lungo la A22 del Brennero. Uno degli amici è morto e lui, che aveva 22 anni, è rimasto in stato vegetativo. «Mio marito ha lasciato il lavoro e per 31 anni ha seguito in casa nostro figlio», ha spiegato la madre al Giornale di Brescia raccontando di come, a casa, a Collebeato, hanno accudito il primogenito.
Okamato racconta la notte dell’incidente. «Ci chiamarono alle cinque del mattino per dirci dell’incidente e io mi precipitai all’ospedale di Modena. Aveva riportato ferite alla testa gravissime. Non volevo crederci. Gli cercarono un posto in un centro avanzato, ma tutte le strutture erano piene. Alla fine lo trasferirono in elicottero alla Rianimazione di Parma, dove rimase 70 giorni. I medici fecero il massimo, ma lo dissero subito: coma irreversibile. E così è stato. Ma noi volevamo illuderci».
I primi due anni Ignazio è stato in un centro riabilitativo a Lonato, poi lo hanno accudito a casa creando per lui alimenti con lo yogurt e facendogli fare fisioterapia e movimento. «L’abbiamo gestito noi, con l’aiuto di molte persone attorno. Gli amici, i parenti di mia moglie, gli obiettori di coscienza. Lo mettevamo anche sulla carrozzina, e nella bella stagione ce ne stavamo all’aperto a goderci il fresco in giardino. Io lavoravo in proprio da artigiano. Ho smesso, tutto qui. Per fortuna l’attività di mia moglie, che aveva una profumeria ben avviata, bastava. Per un figlio si fa questo e altro. Ora abituarsi al vuoto sarà dura».
Il pensiero è andato spesso al caso di Eluana Englaro. «Non ho mai pensato di giudicare la scelta di un altro padre, di altri genitori. Ho rispetto per tutti, ogni storia è diversa. So che noi abbiamo sempre pensato che fosse questa la cosa giusta. Ma per noi».