Le nuove rivelazioni di Demi Moore: «Quella violenza subita a 15 anni»
Ci sono voluti 56 anni prima che Demi Moore riuscisse a mettere nero su bianco la sua verità. Dall’inizio alla fine, seppur dolorosa. E adesso, che Inside Out sta per arrivare in libreria, l’attrice si sente «emozionata, nervosa ma più libera». Demi nella sua prima autobiografia ripercorre i matrimoni (Bruce Willis, dal 1987 al 2000; Ashton Kutcher dal 2005 al 2013), il rapporto con le tre figlie (Rumer, 31, Scout, 28 e Tallulah Belle, 25), e quello con il successo, fino a tornare all’infanzia.
L’attrice inizia dal momento in cui il suo essere bambina finì bruscamente, quando salvò sua madre, dipendente dall’alcol, da un tentativo di suicidio: «Ricordo di aver usato le mie piccole dita di bambina per cercare di tirare via le pillole che aveva ingoiato, mentre mio padre le teneva la bocca aperta e mi spiegava cosa fare». E ancora, Demi parla per la prima volta dello stupro subìto a 15 anni. La madre, con cui Demi si è riconciliata prima della sua morte nel 1998, quando era adolescente la portava con lei nei bar, in modo che gli uomini la notassero. E una di quelle serate, ha ricordato l’attrice a Good Morning America, finì nel peggiore dei modi: un uomo abusò di lei.
E non solo: quell’uomo le chiese cosa provava a essere stata «venduta» dalla madre per 500 dollari. Demi, ha spiegato, di non aver mai creduto a quelle parole del suo aggressore. O meglio: «Nel profondo del mio cuore penso di no. Non credo che sia stata una transazione così semplice. Ma comunque gli ha dato il via libera e mi ha messo in pericolo».
Durante l’intervista, Moore ha definito la sua infanzia “variegata”. Ha cambiato casa trenta volte. E il suo patrigno, Danny Guynes, è morto suicida nel 1980. Pochi anni dopo Demi sarebbe entrata in rehab per disintossicarsi da alcol e droghe. Per poi crollare di nuovo, nel 2012, dopo mesi di feste, alcol e una drastica perdita di peso. La ricoverarono in ospedale prima di andare in riabilitazione: «All’inizio della mia carriera ho intrapreso un percorso di vera autodistruzione, e indipendentemente dai successi avuti, non mi sentivo mai abbastanza». Al suo fianco oggi ci sono le figlie, che la comprendono. «Cresciamo pensando che i nostri genitori siano degli dei dell’Olimpo. Ovviamente, diventando adulte, iniziamo a renderci conto di quanto i nostri genitori siano solo persone», ha fatto sapere la figlia Scout, «E va bene così».