«Matrimonio a prima vista Italia»: le 5 (+1) lezioni che abbiamo imparato
Si dice che l’amore sia cieco, che un’anima valga più di un bel viso. Eppure, a guardare le tre coppie di Matrimonio a prima vista, a toccarne con mano i silenzi pesanti, vien da pensare che i detti popolari non c’abbiano azzeccato poi tanto, in materia di cuore. Ambra e Marco, convolati a nozze con la speranza di trovare l’uno nell’altra la metà della propria mela, hanno inciampato nell’ostacolo più ovvio. Ambra, per lo meno, lo ha fatto. «Sulla carta è perfetto», ha detto, «Ma non mi scatta quel non so che». Quella cosa indefinita che la sua Roma avrebbe chiamato «friccicorio», quel brivido senza nome che qualunque essere umano saprebbe riconoscere come la prima avvisaglia di un’intesa certa. Ad Ambra, è mancata la chimica. E non lasciarsi andare ad un sospiro comprensivo di fronte alla sua «sconfitta» di donna divisa tra la razionalità e il cuore è stato pressoché impossibile. Perché Matrimonio a prima vista, che nella prima serata del 2 ottobre, su Real Time, vedrà le coppie decidere se divorziare o meno, qualche cosa ce l’ha insegnata. O, meglio, ricordata.
LEGGI ANCHE
«Matrimonio a prima vista Italia», lo scontro (eterno) tra cuore e cervello1. LA SCINTILLA, SE NON SCOCCA, SONO GUAI
La si è vissuta tutti, la scena, a tratti patetica, del «perché non mi piace?». La si è vissuta sulla propria pelle, tramite quella d’altri. Ci si è fatti il sangue amaro nel tentare di capire perché piace ciò che non dovrebbe e non piace, invece, ciò che dovrebbe. Ciò che, sulla carta, avrebbe tutti i requisiti per avvicinarsi all’ideale di perfezione terrena, il bello che non balla, il buono non bello. Ci si è arrovellati, maledicendo se stessi. Eppure, la verità è più semplice di qualunque congettura. Non c’è regola matematica che tenga, né principio etico da contrapporre all’istinto. Se la scintilla manca, se nel guardare la controparte non scatta quel po’ di pruriginosa curiosità destinata ad assicurare un seguito all’incontro, c’è poco da fare: solo, mettersi in pace con il cuore e proseguire oltre, nella speranza di vedere un giorno, insieme alla scintilla, pure la (benedettissima) luce.
2. MAI DARE PER SCONTATO CHE GLI ALTRI CAPISCANO IL TUO UMORISMO
Federica, la riccia di Arluno che lo show ha accoppiato con il toscano Fulvio, è stata l’esempio lampante di come l’umorismo sia una cosa personalissima. Roba da non dare mai per scontato che l’altro capisca. Nel corso delle puntate, ha buttato qua e là, nel mezzo di conversazioni per giunta tesissime, riferimenti al proprio passato “vivace”. E il “giardino dei limoni”, e le piazze del paese, che chissà cos’hanno visto, e i riferimenti ad approcci futuribili. E il povero Fulvio a non capirci niente. Federica ha cercato, o così è parso, di unire malizia e divertimento, restituendo, invece, una granitica certezza: quel che a Tizio può sembrare un finissimo intreccio di provocazione e simpatia, a Caio può risultare tanto incomprensibile da produrre nervosismo.
LEGGI ANCHE
Torna «Matrimonio a prima vista Italia». Ecco perché vederlo3. I NON DETTI UCCIDONO (O TI FANNO FINIRE UCCISA)
Federica, la stessa riccia di Arluno di cui sopra, ha ricordato ai pettegoli da salotto una seconda, granitica certezza: i non detti, se non uccidono, ti fanno finire gambe all’aria. La ragazza ha speso le quattro settimane dell’esperimento, o, per lo meno, le quattro settimane dell’esperimento così come il montaggio televisivo le ha restituite allo spettatore, tacendo il proprio malcontento nei confronti di Fulvio. Qua e là, ha abbozzato un tentativo di comunicazione. Ma, per lo più, si è chiusa in se stessa, convinta come tutte le donne che esistano verità talmente ovvie da non poter essere non capite. Sbagliato. Qualcuno, un tempo, ha scritto che le donne vengono da Marte, gli uomini da Venere. Che c’è un’incompatibilità di fondo tra i due sessi, un’incomunicabilità atavica. Mai, allora, dare per scontato alcunché. Specie, con uno sconosciuto che, di silenzio in silenzio, di mugugno in muso, alla fine, sbrocca. Vedere Fulvio per credere.
4. I GENITORI SONO (QUASI) SEMPRE UN GRAN CASINO
Luca, Ambra, Marco. La quarta stagione di Matrimonio a prima vista ha portato in scena tutto il peso della genitorialità. Di una genitorialità che, nel caso dei tre, è assente, per destino, mai per colpa. Luca, Ambra, Marco si sono trovati orfani anzitempo, ciascuno del genitore di sesso opposto al proprio. Luca ha perso la mamma che aveva appena 6 anni, e a fronte camera si è lasciato andare ad un pianto rabbiosa, odiando se stesso per non aver serbato alcun ricordo di quella donna gentile. Marco, come Luca, ha perso la mamma. Ambra, il papà. Il lutto, ciascuno lo ha vissuto a modo proprio, ma nelle relazioni da costruirsi tutti e tre hanno portato i segni di quell’esperienza orrenda che è la morte. Hanno cercato la figura materna o paterna, nello sconosciuto che si è parato loro di fronte. Hanno cercato di sentirsi completi, un’ultima volta. E, puntualmente, hanno fallito, ricordandoci come spesso sia il confronto forzato con il genitore che si è idealizzato (o il nonno, citofonare Ambra) a fare impallidire chi, per sé, non avrebbe alcuna ragione di sbiancare.
5. RIDERE, PRIMA DI TUTTO
Luca e Cecilia, che pur nel corso dello show hanno visto la loro parabola farsi discendente, hanno capito prima degli altri che una chiave essenziale alla conoscenza (e, pure, al suo mantenimento) è il divertimento. Le birre, anche quelle di troppo. I pranzi, senza più potersi alzare e senza mai vergognarsene. I capelli spettinati, i maglioni extralarge, la capacità di prendersi in giro. In una parola, le risate. Luca e Cecilia, soli tra le tre coppie, hanno saputo ridere. E, per un attimo, la speranza che tra i due potesse funzionare, che una risata potesse bastare a salvare un amore acerbo, ci è balenata nel cervello.
5 +1. INCASSARE SEMPRE, E PURE CON CLASSE
L’ultima, e non per importanza, che Matrimonio a prima vista si è lasciato alle spalle ha girato intorno al rifiuto. Chiariamoci. Essere respinti non è bello. Ciò che non uccide non fortifica. Anzi, spesso produce ferite tanto profonde da non poter essere guarite con il tempo: con la psicanalisi, forse. Ma incassare, saper fare buon viso a cattivo gioco, prendendo il fallimento come parte naturale della vita, non come affronto personale, è cosa buona e pure giusta. Necessaria, soprattutto, alla sopravvivenza. Marco, invece, non ce l’ha fatta. Alla povera Ambra, che nel corso dell’estenuante esperienza ha provato a spiegargli che quella scintilla di cui al punto 1 proprio non era scattata, ha risposto con stizza. Come se, però, insomma, fosse cosa un po’ arbitraria. Come se, in fondo, uno si potesse pure accontentare. Invece, insegna Calvino, sono solo i criceti a farsi bastare le briciole.