Il Principino Marchisio esce di scena e dà l’addio al calcio
Il Principino del calcio italiano si ferma qua, esce di scena con la consueta eleganza e si congeda da un mondo che ha attraversato con la consapevolezza di chi si ritiene un uomo fortunato. Claudio Marchisio dà l’addio al calcio. Lo fa a 33 anni, e sono pochi per un calciatore, ma le ginocchia scricchiolano ad ogni scatto e allora è meglio fermarsi.
Dopo aver indossato per vent’anni la maglia bianconera (Claudio ha fatto tutta la trafila delle giovanili alla Juventus) e dopo la parentesi in Russia, con la maglia dello Zenit di San Pietroburgo; Marchisio si era preso una pausa di riflessione. Voleva capire se il fisico avrebbe retto ancora, se la testa – è da lì che parte tutto – avrebbe ancora trovato stimoli per continuare la carriera. Ma certe prolunghe – a livello sportivo – risultano alla fine solo un modo per non recidere il cordone ombelicale.
Così Claudio – dopo essersi consultato con la moglie, Roberta Sinopoli (sono sposati dal 2008, due figli insieme: Davide e Leonardo) – ha preso la decisione. Ora si dedicherà alle sue attività imprenditoriali (ha una catena di ristoranti di successo). Le quasi 400 presenze nella Juventus, i sette scudetti, le due Coppa Italia e le tre Supercoppe italene vinte, i due Mondiali (2010 e 2014) giocati con la maglia azzurra (55 presenze e 5 reti in nazionale, il debutto nel 2009, l’ultima partita nel 2017) appartengono fin da ora al passato.
La sua traccia sulla storia del calcio italiano degli ultimi anni è significativa. Marchisio è stato un centrocampista di spessore europeo, un nuovo Tardelli che si è sempre segnalato per la pulizia delle giocate e il grande dinamismo. Questo è il Marchisio in campo. Ma è fuori che la sua cifra esistenziale è emersa. Non è stato un calciatore comune, Claudio. Ha sempre avuto un respiro più alto rispetto alla maggior parte dei suoi colleghi, si è sempre distinto per le larghe vedute e gli orizzonti inclusivi. E non gli è mai mancato il coraggio di schierarsi a difesa di cause che riteneva giuste.
Ha espresso la sua solidarietà alla campagna dell’Unhcr, l’Agenzia Onu peri Rifugiati; e un post su Twitter di un paio di anni fa lo ha reso suo malgrado bersaglio degli haters. Scriveva Marchisio: «Viaggi della speranza che finiscono in tragedia per molte persone! Ancora corpi senza vita nel #Mediterraneo. Come la tragedia di Manchester, avvenuta pochi giorni fa, continuiamo a vedere, sentire e leggere notizie strazianti e storie assurde! Come sta cambiando il mondo?». Nonostante gli insulti, Claudio ribadì la sua posizione, schierandosi dalla parte dei più deboli. Come quando commentò così la tragica fotografia del Rio Grande, con padre e figlia annegati mentre cercavano una vita migliore migrando verso gli Stati Uniti. «La verità ci costringe a fare i conti con le nostre responsabilità. Ci raggiunge con immagini che abbattono quei muri con cui cerchiamo di proteggerci. Ma da cosa c… ci proteggiamo? Fino a quando pensiamo di poter tollerare che qualcuno permetta tutto ciò anche a nome nostro?».
Torinese di nascita, schivo, antidivo per eccellenza, glamour non per posa ma per piacere personale, (l’ex compagno Federico Balzaretti lo chiamava il «Piccolo Lord»), amante della moda, testimonial di molte marche, spaziando dai generi alimentari all’abbigliamento, dall’intimo ai profumi fino agli orologi di marca; Claudio Marchisio ha dimostrato che si può essere un personaggio pubblico senza per questo tradire se stessi. E in un mondo omologato come quello del calcio italiano, ha saputo distinguersi per essere riuscito a pensare, oltre che con i piedi, anche con la propria testa.
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