Come combattere l’obesità nei bambini?
In Italia un bambino su tre è in sovrappeso. Nonostante la dieta mediterranea sia una delle migliori al mondo, una percentuale molto alta di bambini italiani, in particolare quelli compresi nella fascia d’età tra i 6 e i 9 anni, è a rischio obesità. Si tratta di 100mila bambini, con una netta prevalenza dei maschi (21 percento) sulle femmine(14 percento).
Il nostro Paese vanta purtroppo un triste primato: i livelli di obesità infantile in Italia sono tra i più alti d’Europa. Un dato che l’Italia condivide con Cipro, Grecia e Spagna. Il quadro emerge dal report sulla malnutrizione lanciato dall’organizzazione internazionale Helpcode, in occasione della Giornata mondiale contro l’obesità che ricorre il 10 ottobre.
Come mai accade proprio in Italia? A livello globale, il numero di bambini di età inferiore ai cinque anni obesi o sovrappeso risulta in costante aumento e ha ormai superato quota 40 milioni, 10 milioni in più rispetto al 2000. Le motivazioni sono in prevalenza di carattere economico. La malnutrizione va di pari passo con la crisi economica. È infatti nei contesti di maggiore disagio che vengono rilevate le abitudini alimentari più malsane. Cibi spazzatura, confezionati che sono privi di nutrienti ma altamente calorici.
Nel nostro Paese la percentuale più alta si registra nelle famiglie del Centro e del Sud d’Italia, con livelli di istruzione, oltreché di reddito, più bassi rispetto alla media nazionale. Il dato più preoccupante riguarda i bambini campani: oltre il 40 per cento sono sovrappeso e obesi, seguiti dai coetanei di Molise, Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia.
Peri rispondere a quest’emergenza, la Federazione Italiana Medici Pediatri ha stilato il decalogo per una corretta alimentazione (nella gallery in alto) nei primi due anni di vita. «Le ricerche più recenti ci dicono che è necessario intervenire nei primi tre anni di vita», spiega Mohamad Maghnie, responsabile dell’UOC Clinica Pediatrica del Gaslini. «E per farlo dobbiamo conoscere abitudini alimentari e stili di vita dei pazienti a cominciare dalla gravidanza. Ma non basta. Dobbiamo investire nell’educazione alimentare delle famiglie e nella formazione mirata dei medici».
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