Simone Biles vince (ancora). Storia della ginnasta più forte di tutti i tempi
A vederla così, con un occhio poco attento, si rischierebbe di restare ingannati da quei 143 centimetri che la rendono una delle atlete più “piccole” al mondo. Eppure Simone Biles è grandissima, la più grande di tutti i tempi. Nessuno ha mai vinto quanto lei nella ginnastica artistica. Con l’oro nel volteggio, le sue medaglie mondiali sono appena diventate 23 e sono ancora destinate a salire prima della fine dei Campionati del Mondo di Stoccarda. Vitaly Sherbo è stato agganciato, domani verrà superato, eppure la storia di Simone avrebbe potuto prendere una strada diversa in uno dei tanti bivi della sua vita.
Il primo lo ha incontrato ad appena tre anni, quando ha dovuto lasciare la casa di Columbus, in Ohio, dove è nata il 14 marzo 1997. I problemi d’alcolismo dei genitori l’hanno portata a vivere con i nonni in Texas, una svolta decisiva per la sua vita. A portarla per la prima volta a fare ginnastica artistica è stata infatti la nonna, a scoprirne l’enorme talento e incanalarlo dal punto di vista tecnico e atletico l’allenatrice Aimée Borman, con cui nel 2014 ha fondato il World Champions Centre.
A 6 anni Simone mostrava già di poter diventare un fenomeno, a 16 lo era a tutti gli effetti, incoronata ai Mondiali d’Anversa, i primi per lei, chiusi con due ori, un argento e un bronzo. A quella rassegna iridata era arrivata dopo un infortunio al polpaccio che avrebbe dovuto limitarne i movimenti e che invece riuscì a trasformare in opportunità inventandosi un movimento che fu riconosciuto e prese il suo nome. Il Biles è un doppio salto mortale con mezzo avvitamento, reso particolarmente complesso dalla velocità d’esecuzione a cui viene realizzato. Da allora in tante hanno provato a riproporlo ma nessuna ci è riuscita davvero.
Portare oltre i limiti suoi e del suo sport sembra essere la sua missione. L’ha fatto e continua a farlo, anche ora che in teoria non avrebbe più nulla da dimostrare e potrebbe serenamente adagiarsi sulla sua eccellenza per continuare a conquistare una medaglia dopo l’altra. Ma a Simone vincere non basta, se il confronto con le avversarie sembra non esistere da un po’, lei se ne inventa uno con se stessa.
Ad agosto ha inserito il Biles II nel suo corpo libero già perfetto, un doppio salto mortale con triplo avvitamento. Alla trave ha deciso di inventarsi uno Tsukahara avvitato, che è il terzo elemento a prendere il suo nome e a cui è stato assegnato grado di difficoltà H. Troppo basso, secondo lei, convinta di essere stata “punita” perché ormai da lei ci si aspetta di tutto, ma la Federazione internazionale si è giustificata con l’esigenza di disincentivare le altre a provarlo mettendo in pericolo il proprio osso del collo. Insomma, Simone è così brava da mettere in difficoltà gli stessi giudici che devono premiarla e si preoccupano dell’incolumità delle atlete.
Un problema che non la riguarda, perché i muscoli delle sue gambe, alimentati da una dieta a base di cereali, uova, pollo e pesce, la spingono in alto, facendola volare. Con loro non ha sempre avuto un rapporto semplice, li ha odiati e nascosti da adolescente, prima di arrivare ad apprezzarli e ringraziarli per ciò che le permettono di fare. A 19 anni si presentò alle Olimpiadi di Rio con già un contratto da professionista e una ricca sponsorizzazione della Nike.
Forte di tre titoli mondiali di fila nel concorso generale (un risultato mai ottenuto prima da nessuna), vinse l’oro nel concorso a squadre, in quello individuale, nel volteggio e nel corpo libero, diventando la prima ginnasta americana a salire sul gradino più alto del podio per quattro volte nella stessa Olimpiade, e aggiungendoci anche un bronzo alla trave. Poi si fermò per due anni, rientrando alle competizioni nel 2018, più forte di prima.
In 22 anni Simone è sopravvissuta ai problemi familiari, a sbilenche accuse di doping da parte di hacker russi che omisero le autorizzazioni mediche che aveva per assumere i farmaci per curare il suo disturbo dell’attenzione, alle molestie di Larry Nassar, il medico della nazionale condannato a 175 anni di carcere per aver abusato di oltre 150 atlete, molte delle quali minorenni. Ogni volta si è risollevata ed è tornata in pedana, alzando continuamente l’asticella, urlando la sua indignazione contro una Federazione nazionale che non ha protetto lei e le sue colleghe.
Il Time l’ha inserita tra i 10 Millennial più influenti al mondo, per due volte è stata atleta dell’anno ai Laureus World Sport Awards. Tokyo 2020 sarà la sua ultima Olimpiade, poi si ritirerà: «Il mio corpo è molto affaticato e sento che sta quasi cadendo a pezzi. Spesso sento dolori e non è molto bello», ha dichiarato a marzo. La ginnastica non sarà più la stessa dopo di lei.