«SanPa», la serie Netflix tra successo e polemiche
Se un mese fa ci avessero detto che una docuserie italiana avrebbe appannato un kolossal come Bridgerton probabilmente non gli avremmo creduto. Il «miracolo», invece, è successo proprio grazie a Netflix, che ha deciso di scommettere su un prodotto apparentemente di nicchia ma che, nel giro di poche ore, ha cominciato ad avvicinare migliaia di spettatori a una storia potentissima che, negli ultimi vent’anni, sembrava scomparsa dalla memoria degli italiani fino a diventare un’immagine sfocata, un’eco lontana e ormai indistinguibile schiacciata dal cicaleccio di nuovi scandali: la fondazione della comunità di San Patrignano e le luci e le ombre sulla controversa figura del suo deus ex machina, Vincenzo Muccioli. La docuserie si chiama SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano, è approdata su Netflix il 30 dicembre tra il silenzio generale e ha subito scalato la classifica dei titoli più visti sulla piattaforma conquistando la critica e il pubblico non solo per il suo linguaggio forte e privo di fronzoli, ma anche per il materiale storico sapientemente assemblato e la meticolosità della ricostruzione, cadenzata dal materiale d’archivio e da interviste inedite di uno spessore umano di rara potenza.
https://www.youtube.com/watch?v=tz9IIUyilu8Sospendendo qualsiasi giudizio morale sulla vicenda, cosa molto difficile per chi realizza una docuserie, SanPa, ideata da Gianluca Neri e scritta insieme a Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli, racconta gli inizi e i trascorsi della più grande comunità di recupero per tossicodipendenti d’Europa, nata a metà degli anni Settanta grazie all’intuizione di un visionario imprenditore di nome Vincenzo Muccioli, l’unico ad affrontare a viso aperto il problema dei drogati in Italia e ad accoglierli gratuitamente nella sua struttura curandoli «con iniezioni d’amore incondizionato», con erbe, tisane, massaggi ed etica del lavoro. Il progetto, nato sotto i migliori auspici e sostenuto economicamente dalla famiglia Moratti, che ancora oggi tiene in piedi la comunità, diventa con il passare degli anni una città-stato che si gestisce secondo regole proprie, stabilite in maniera inappuntabile dallo stesso Muccioli, membro attivo della borghesia riminese che, proprio grazie a San Patrignano, diventa uno dei personaggi più onnipresenti della scena pubblica italiana, intervenendo spesso in tv e nei dibattiti politici, avvicinato dai partiti più agli estremi nella speranza di ottenere consensi. Insieme all’idillio promesso dal sogno, al santone che si prodiga a restituire nuova vita ai tossicomani, iniziano, però, anche ad affacciarsi le zone oscure che SanPa racconta in tutta la loro crudezza: dalle celle di isolamento e dalle catene che i sodali di Muccioli adoperavano per punire i ragazzi che tentavano la fuga all’omicidio di Roberto Maranzano che ha allungato su San Patrignano un’ombra che, ancora oggi, genera paura e sgomento.
Inevitabilmente iniziano le reazioni da parte delle persone e degli organi coinvolti. La comunità di San Patrignano fa sapere, attraverso un comunicato, che la docuserie è solo un «racconto tendenzioso e parziale», ricco di «spettacolarizzazioni, drammatizzazioni e semplificazioni» che rischiano di danneggiare l’operato della struttura che, ancora oggi, rappresenta un punto di incontro e di ritrovo per migliaia di tossicodipendenti in Italia. A parlare a Repubblica è anche Piero Villaggio, il figlio di Paolo Villaggio che è stato ospite per diverso tempo di SanPa ma che, come ha specificato il creatore Gianluca Neri in un’intervista a Tpi, ha scelto di non intervenire nella serie: «Di quel posto hanno scelto di raccontare soprattutto la cupezza. Forse perché il pubblico è morboso: preferisce la violenza, alle storie belle. Però San Patrignano era pure sorrisi, giornate di sole. Fiori» racconta Piero, che nella comunità, sotto l’ala protettrice di Muccioli, è rimasto 4 anni, dal 1984 al 1987. «Glielo avevo detto, a quelli di Netflix. Mi avevano contattato perché raccontassi tutto: va bene, ma prima spiegatemi esattamente cosa ne volete fare. Non li ho più sentiti» aggiunge Villaggio, che descrive Muccioli come «un leone che faceva paura» dotato di grande carisma e sensibilità, e che conferma, in qualche modo, il clima di violenza e durezza che si respirava all’epoca. «Una volta ho portato da mangiare a un ragazzo: era stato rinchiuso in una stanza, nudo. Sono tornato da Vincenzo, davanti ad altre persone gli ho urlato: “Sei pazzo, non puoi trattare la gente così”. Che ceffone, ho preso. Qualche ora dopo, da soli, mi ha spiegato: “Devo farlo, con voi non ho alterative”» riprende Piero.
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Perché non sappiamo più niente di San Patrignano?Nonostante l’accuratezza della ricostruzione e le testimonianze che hanno dato un imprinting fondamentale alla narrazione – al di là di Walter Delogu, colui che la famiglia Muccioli vede ancora come il «traditore» per aver registrato a sua insaputa Vincenzo mentre gli diceva di uccidere un testimone del delitto Maranzano, la figura sicuramente più interessante è quella di Fabio Cantelli, ex tossicodipendente responsabile della comunicazione di Muccioli al momento dello scandalo – sono molte le cose che SanPa non è riuscito a mostrare. Dalla stessa testimonianza di Piero Villaggio – «C’era un filmato in cui, ospite di Red Ronnie, criticava alcune cose di San Patrignano, Red Ronnie replicava che quelle erano un po’ le strategie di San Patrignano e lui rispondeva: “Sì, ma queste strategie mi hanno lussato la spalla”» – al mancato intervento di Letizia Moratti, uno dei personaggi-chiave che avrebbe potuto aggiungere molto alla storia, e di Franz Vismara, presente in tutte e tre le gestioni di San Patrignano: quella di Muccioli, del figlio e dei Moratti. «Pare sia stato colui che mise in contatto Muccioli con i Moratti. Pare, ma servono tre fonti a Netflix per certificare un fatto» ha aggiunto Gianluca Neri a Tpi. Al di là delle cose che non si sono potute fare e di quelle potevano essere raccontate in maniera più sfaccettata, a SanPa va il merito di aver creato quello che tutte le docuserie dovrebbero prefiggersi di raggiungere: il dibattito e la riapertura dei dubbi e delle domande, la curiosità verso una storia e un personaggio, Muccioli, sui quali sembra esserci stata una qualche rimozione inconscia da parte del pubblico e che, d’ora in poi, faremo fatica a dimenticare.