Vaccinazioni anti Covid a rilento in Italia e non solo: cosa non funziona?
L’Italia, come gran parte del mondo, sta facendo poche vaccinazioni. Il ritardo è comune e le motivazioni sono le stesse da tutte le parti dovute principalmente alla mancata organizzazione. La maggior parte delle regioni si difende dicendo che questa è la settimana della partenza vera.
Ma, superato il problema ferie, legato ai giorni festivi e causa di polemiche, restano però gli altri. La carenza di materiale, in particolare l’assenza delle siringhe necessarie per la corretta somministrazione, rimane e resta anche il più ampio problema del personale. Non ce n’è a sufficienza per la somministrazione e non dovrebbero arrivare prima di febbraio gli infermieri, 15mila, reclutati con il bando del commissario straordinario Arcuri.
Rispetto alle dosi consegnate finora è stato fatto un quarto delle vaccinazioni possibili: al 3 dicembre erano 114.349 vaccinazioni, su 469.950 dosi arrivate, ma bisogna tener conto che un 30% viene comunque messo da parte per le seconde somministrazioni nel caso fossero in ritardo le consegne successive. Sono medici e residenti nelle Rsa i vaccinati di gennaio, da marzo toccherà agli anziani che vivono a casa, ma ancora non sono chiari tempi e modi.
C’è poi l’enorme differenza da regione a regione e la conseguente difficoltà ad amalgamare i dati. Il Lazio è più avanti di tutti, la Sardegna non comincia prima del 7 gennaio. L’Emilia-Romagna ha somministrato la prima dose a 8000 persone, ma conta di farne 50mila a settimana da oggi in poi. La Lombardia dichiara da oggi 6.000 vaccinazioni al giorno nei 65 hub regionali. Sono appena due i punti vaccinazione nella provincia di Trento che è però più avanti di altri nella somministrazione. La Liguria punta a 2000 vaccinazioni giornaliere.
A marzo i punti di somministrazione dovrebbero passare da poco meno di 300 a 1500, con una maggiore copertura del territorio non solo con le nuove strutture a primula, ma anche con farmacie, palestre e medici di base. Alcune regioni hanno già messo a punto una app per la prenotazione, ma non lo hanno fatto tutte e si pensa a un’anagrafe nazionale per il tracciamento. Tutte ipotesi che per ora si scontrano con il problema maggiore: la mancanza di personale.
Quella del ritardo nelle vaccinazioni è questione non solo italiana. La Germania è in testa in Europa per numero di somministrazioni, oltre 165mila, ma con numeri inferiori rispetto alle aspettative, problemi di mantenimento della catena del freddo e carenza di fiale che ha portato al sorteggio per i vaccinati nelle case di riposo.
La Francia ha fatto poche centinaia di vaccinazioni in 5 giorni. Nel mondo i vaccinati sono 12 milioni, 4,5 in Cina e quasi altrettanti negli Usa, che puntava però ad averne 20 milioni entro il 2020. Ha superato il milione Israele e simili sono i numeri in Gran Bretagna dove le vaccinazioni sono partite prima rispetto all’Ue e dove è già stato approvato il vaccino di AstraZeneca e Oxford.
Proprio la mancata approvazione in Europa di questo vaccino rischio di allungare i tempi nonostante le rassicurazioni che arrivano anche dal governo italiano. La sottosegretaria alla Salute Zampa ha spiegato al Corriere della Sera che si valuta la possibilità di turni serali, notturni e festivi di somministrazione per consentire a chi esce dal lavoro di utilizzare quelle ore. «I medici di famiglia dovranno senz’altro collaborare se saranno disponibili vaccini che possono essere conservati in frigo. Nel frattempo inoculiamo tutte le dosi disponibili…C’è una tabella da rispettare e quella tabella indica che entro aprile dovremmo aver immunizzato 10-13 milioni di persone».