Sostiene Serena
Questo articolo è pubblicato sul numero 6 di Vanity Fair in edicola fino al 9 febbraio 2021
Nella lobby spoglia di un albergo milanese, dove non si trova neppure un cameriere per farsi portare l’aperitivo, ecco serviti gli ingredienti che fanno di una donna una diva, per sempre. La carne di Serena Grandi è profumata dell’incenso del suo passato. È fatta di ricordi che sono più sodi e palpabili della realtà, a tratti un po’ amara. Insicura in modo capriccioso e sfacciato, insolente e umorale, inanella ricordi ricchi di incongruenze temporali, aneddoti sospesi come se l’essere e il sogno si confondessero. Mentre parla si fa prendere dalle vampate, si lamenta dei farmaci che le danno dolore alla schiena (postumi di una delicata operazione al seno), e nella foga del racconto si lascia scappare dalla bocca una frana di lapilli di noccioline. E vederla così è bellissimo. Perché non si può non ammettere che ogni uomo, per decenni, avrebbe raccolto in ginocchio e come fossero state stelline qualsiasi dono uscito da quelle labbra ancora intatte.
Serena Grandi dalle mille vite. Che ha perso la bellezza ma che grazie a questa perdita s’è creata il privilegio di non invecchiare mai più. La Miranda di Tinto Brass che tutti credevano arrivata dal nulla e invece no, già girava l’Italia con un cabaret tutto suo durante le notti a La Bussola di Viareggio negli anni Ottanta. Serena Grandi condannata e poi risarcita per cocaina e fallita con un ristorante in Romagna, e che s’è tatuata sull’avambraccio il premio Oscar vinto con Sorrentino per La grande bellezza. Autrice di un romanzo storico, L’amante del federale, e laureata honoris causa all’Università Federico II di Napoli. E che il prossimo 8 febbraio sarà Clementina nel nuovo film di Pupi Avati Lei mi
parla ancora, per la terza volta sul set del maestro e per la novantesima volta protagonista di un film. «Ora sto pensando di lasciare Rimini e trasferirmi a Milano dove vive mio figlio. Amo la solitudine, ma so anche che la solitudine, alla lunga, può dare dipendenza».
Se pensa a sé, al riflesso della sua vita, cosa risponde lo specchio delle sue brame?
«Che sono stata la donna più bella d’Europa».
E la seconda?
«Ornella Muti, protagonista con me della stagione “del noleggio”: se c’eravamo io o lei i produttori mettevano i soldi
per fare i film, altrimenti nulla. Ne giravo 3 all’anno».
Quale è stato il periodo più felice della sua vita?
«Il matrimonio con Beppe Ercole, tra gli anni Ottanta e Novanta. L’ho amato tanto. Ma mi faceva le corna».
Come l’ha capito?
«A tatto, a sensazione, son sempre stata un po’ strega io. Ma ai tempi ero ricca, giovane e prepotente, e appena me ne accorsi lo lasciai, con questo bimbo di tre anni che pensavo di poter crescere da sola. Mi sbagliavo di grosso».
Perché un marito tradisce la donna più bella d’Europa?
«Per convincersi di essere ancora uomo, e per un complesso edipico non risolto, come accade a molti maschi, e specialmente con me, che sono l’Edipo incarnato. A 18 anni, per quanto ne so, dormiva ancora con sua madre».
E con chi andava?
«Con signore di una certa età. E faceva la corte alle mie colleghe, che pur di sentirsi più belle di me, pur di dire “mi sono scopata il marito della Grandi”, avrebbero toccato ogni bassezza».
Perché ha raccontato a suo figlio, e poi pubblicamente, di aver fatto l’amore con due pugili?
«Per la voglia di scandagliare i corridoi della mia psiche. Andare a letto con due uomini mi piaceva moltissimo. Mentre ora, solo a pensarci, mi fa una fatica incredibile».
Non dica così…
«Ha ragione. Se riaccadesse, sarebbe un regalo della vita».
Cosa c’era dietro quel desiderio?
«Una forma di masochismo. E quel brivido che arriva quando ti dai un’incipriata e una goccia di profumo e torni a essere la signora rispettabile di sempre».
I produttori come si comportavano con lei?
«Ci hanno provato tutti, e il divano della star lo vedevo in ogni ufficio. Ma ero sempre io a decidere: ecco perché il #MeToo mi è parso un’ipocrisia. Se non volevo grane chiedevo a mio marito, gelosissimo, di accompagnarmi. Veniva alle riprese e cercava di farsi amici gli uomini più intriganti, come Luca Barbareschi sul set di Teresa».
Diretto da Dino Risi.
«Uomo dal fascino incredibile che mi ripeteva: ma tu sei puttana? Non potrai mai essere un’attrice se non lo sei».
E aveva ragione?
«Sì. Nel senso che bisogna essere bugiarde ed essere capaci di ricordarsi le bugie dette. Io purtroppo non lo sono».
È vero che sua madre Mina la incoraggiava a presentarsi in tivù più scollata possibile?
«Sì. Era fiera del seno che mi aveva donato, e al contempo ci soffriva un po’. Mi aveva avuta a 21 anni, dopo che mio nonno e mio padre, poliziotto della Squadra Mobile, le avevano impedito di trasferirsi a Roma per fare l’attrice. Glielo aveva chiesto Pietro Germi in persona, dopo averla seguita per Rimini spaventandola a morte, nel tragitto da casa al bar della stazione dove lavorava, a bordo di una macchina rossa. Al suo posto ci andò una sua amica, Scilla Gabel. Quando nacqui, Mina mi portò da Germi come a cercare una benedizione, a trasferire su di me il destino che non aveva avuto. A quanto pare, funzionò».
Dove ha dato il primo bacio?
«Dietro a una chiesa di Bologna, a 12 anni, con un amico dei miei cugini. Ero già una donna fatta».
La prima volta che ha fatto l’amore è stato bello?
«Avevo 14 anni, spinta dalle amiche che mi prendevano in giro perché ero ancora vergine e dovevo togliermi “il coperchino”. Non ricordo neppure che faccia avesse, quel ragazzo. Ma dopo, mi sono sentita libera».
E il suo ultimo bacio, invece, quando l’ha regalato?
«Due anni fa».
Ha detto di non credere più all’amore.
«E invece ora vivo una storia che mi sta facendo risentire le farfalle nello stomaco, per quanto un po’ appannate. Lui vive a Milano, e per via del Covid resta più che altro un amore epistolare. E per di più, come sempre, è sposato».
Ma allora se le va proprio a cercare.
«Li voglio così: mi piace essere la loro isola, un mondo a parte rispetto alla camicia sporca nel cesto della biancheria, che d’altro canto non sarei in grado di stirare. È il mio essere artista. Il mio essere borderline».
Ma non ha voglia di sentirsi regina?
«Solo due uomini hanno saputo farmi sentire una regina: mio marito e un fidanzato napoletano, che quando doveva portare in vacanza la moglie, tre volte l’anno, mi pagava viaggi stupendi per togliermi di torno. Serena, dove vuoi andare? E io: Thailandia. E partivo».
Ma come si fa ad accettare un’umiliazione simile?
«A me faceva comodo: niente rotture, impegni, gelosie. Ma era amore vero, sia chiaro: in non sono mai stata capace di darla via per soldi, altrimenti ora avrei i palazzi. E invece non ho una lira. E ne sono pure felice».
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AMORE SENZA FINE – Serena Grandi (nella foto in alto), 62 anni, è Clementina in Lei mi parla ancora. Liberamente tratto dall’omonimo libro di Giuseppe Sgarbi, racconta la lunga storia d’amore tra Nino e Caterina che non finisce neanche con la morte di lei.
Foto CLAUDIO PORCARELLI
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