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«Un Posto al Sole»: Franco Boschi e Roberto Ferri nei panni uno dell’altro

Un Posto al Sole: Peppe Zarbo e Riccardo Polizzy Carbonelli per la prima volta insieme
Un Posto al Sole: Peppe Zarbo e Riccardo Polizzy Carbonelli per la prima volta insieme
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Un Posto al Sole: Peppe Zarbo e Riccardo Polizzy Carbonelli per la prima volta insieme
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Peppe Zarbo e Riccardo Polizzy Carbonelli lo mettono in chiaro da subito: «Sarà un’intervista complimentosa». Nei venticinque anni che Un Posto al Sole festeggerà a breve, i loro personaggi, il sex symbol Franco Boschi e il perfido imprenditore Roberto Ferri, si sono incrociati al massimo un paio di volte, come se gli sceneggiatori sapessero che i loro mondi non avrebbero potuto incontrarsi neanche se avessero voluto. A partire dal primo marzo, però, le cose cambiano, perché Franco e Ferri inizieranno finalmente a collaborare in maniera più stretta: dopo averlo aiutato a salvare Filippo da un tentativo di sequestro che rischiava di finire malissimo (a Upas i sequestri sono più o meno all’ordine del giorno insieme agli stati comatosi dei protagonisti che stanziano nell’ospedale della Dottoressa Bruni), Franco si rivolgerà a Roberto per chiedergli una mano con Nunzio, il figlio putativo finito nei guai per via del gioco d’azzardo. Non solo: poco dopo sarà lo stesso Ferri a chiedere una consulenza a Boschi per aiutarlo a capire cosa stia succedendo ai Cantieri Flegrei, oggetto di strani incidenti che insospettiscono subito Roberto portandolo a indagare più a fondo per capire cosa ci sia dietro.

20 anni di Un posto al sole: il backstage
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In attesa di vederli in azione su Raitre, Vanity Fair ha pensato di riunire Zarbo e Polizzy Carbonelli chiedendogli l’impossibile: passare 24 ore nei panni dell’altro. Il risultato è negli scatti che potete trovare qui sopra in anteprima, con Franco in giacca, cravatta, panciotto e camicia, e Ferri con jeans, maglietta scura e giacca di pelle. «Impersonare l’altro è stato molto divertente, anche se Peppe è stato più bravo di me. Io come Franco ero più a disagio, sembravo la brutta copie di Fonzie» scherza Riccardo al telefono prima che intervenga Peppe: «Non è vero, il Franco di Riccardo è molto più giovane di me, è tipo il Franco di sette anni fa, quando aveva il ciuffo e non il capello bianco e brizzolato di oggi» risponde Zarbo, che con Polizzy Carbonelli intrattiene un’amicizia lunga vent’anni ma coltivata lontano dalle telecamere. «Tutto parte dalla vicinanza dei nostri camerini, che sono adiacenti: potremmo aprire una porticina e farne un bivano» riprende Peppe prima che Riccardo gli completi la frase come solo le coppie più navigate sanno fare: ci sentiamo al telefono dagli uffici del Centro di produzione Rai di Napoli e l’entusiasmo per aver posato insieme per questi scatti a Borgo Marinari, calandosi nei panni dell’altro ma anche vestendosi elegantissimi, con lo smoking e il flute di prosecco, scorre nelle vene rendendo i nostri eroi al limite dell’euforia.

Vent’anni che vi conoscete e il pubblico di Un Posto al Sole non vi ha quasi mai visti recitare insieme.
Riccardo Polizzy Carbonelli: «Sono anni che discutiamo dei nostri personaggi e ci facciamo i complimenti, ma di lavorare insieme sarà successo forse tre volte. È anche per questo che abbiamo avuto l’idea di posare per questo servizio: ci piaceva poter raccontare il nostro modo diverso di lavorare e di approcciarci».
Peppe Zarbo: «Assistiamo entrambi alle nostre preparazioni: Ferri è un uomo preciso e tutto d’un pezzo, mentre Franco è impulsivo, un altro mondo. Da quando gli sceneggiatori hanno scelto di avvicinarli stiamo imparando a conoscerci ancora meglio».

E per noi vi siete anche scambiati le «divise»: com’è andata?
P.Z.: «Ho scoperto che per diventare Ferri ci metti un sacco di tempo, tra la pettinatura, il polsino e il resto. Franco Boschi è più low cost».
R.P.C.: «A lui bastano i jeans, la maglietta, la giacca di pelle ed è a posto, la gioia dei costumisti».

Sul modo di lavorare dell’altro avete, invece, imparato qualcosa?
R.P.C: «Mi sono accorto che Peppe ha una memorizzazione matematica: conta le sue battute, studia le parole più difficili da dire, cerca sempre il fuoco della scena per capirne il senso così, se dovesse dimenticarsi una battuta, sa come Franco reagirebbe».
P.Z.: «Riccardo, invece, memorizza tutti i trattamenti: deve sapere contemporaneamente cosa succede a casa Poggi».

Franco e Ferri non sono, però, così diversi: sono due ossi duri.
P.Z.: «Così lontani e così vicini, uniti entrambi da un sentimento genitoriale molto forte che li porta ad avvicinarsi. Non dimentichiamoci, poi, che Riccardo è di origine siciliana come me».
R.P.C.: «Da parte di “matre” (lo dice imitando la cadenza sicula, ndr). Siamo due uomini del Sud e sarà per questo che ci troviamo tanto bene a Napoli che è diventata la nostra casa. Aiuta, naturalmente, il fatto che ci vogliamo un gran bene».
P.Z: «Siamo molto rispettosi degli spazi dell’altro. Siamo capaci di fare discorsoni di 4 ore e poi di non filarci per giorni interi. Scherzi a parte, apprezzo tantissimo il lavoro attoriale di Riccardo: non è facile fare quello che fa lui. Ferri è un personaggio molto impegnativo perché devi mantenere la tenuta nel tempo girando ogni giorno dalle 10 alle 15 scene. Per questo non lo invidio, ma gli riconosco una grandissima professionalità che dimostra da quando mette piede in Rai a quando stacca la sera».
R.P.C.: «Chi pensa al quotidiano crede che sia robetta rispetto al genere drama, invece la naturalezza che devi raggiungere in un lavoro continuativo è molto più difficile da centrare e da mantenere, soprattutto quando capitano vicende come quelle che capitano a Peppe Zarbo».

Cruciale, in questo, è il senso della misura.
P.Z.: «Franco è una persona di grandi sentimenti che non si tira mai indietro: difende i deboli, ha conosciuto la malavita, è una testa calda: col tempo è maturato, ma non abbastanza da farsi gli affari suoi. La misura è tutto: se vai in escandescenza troppo è sbagliato, se lo fai di meno non è abbastanza».
R.P.C.: «Io lo chiamo Gian Maria Volonté. La cosa bella è che siamo più giovani dell’età che abbiamo, siamo due giocherelloni».

Mantenere l’entusiasmo dopo 20 anni nello stesso ruolo non deve essere facile, infatti.
P.Z.: «Ci divertiamo ancora, è pazzesco».
R.P.C.: «… Anche se una volta mi hai detto che ti dava fastidio che aveva tutte le belle donne».
P.Z.: «Beh, un po’ sì. Saranno il potere, i soldi, le barche, ma Ferri ha avuto parecchie storie con bellissime ragazze. Tutte le attrici che sono passate da Upas sono finite nella sua rete».
R.P.C: «E pensare che mi sono fidanzato appena ho iniziato a prendere in mano il personaggio di Ferri».
P.Z.: «Lo possiamo dire, però, che in queste foto vestiti eleganti siamo bellissimi? Due cinquantenni che continuano a regalare emozioni».
R.P.C.: «Due cuccioli di adulti che hanno abbandonato da poco i loro peluche per giocare con i bambolotti veri».
P.Z.: «Senza contare che avevamo una grande voglia di abbracciarci. Un abbraccio pieno di energia, voluto, sentito: spero che tutto questo arrivi a chi ci segue, anche per tutto quello che succede».
R.P.C: «È come se ci fossimo abbracciati per tutti quelli che in questo momento non possono farlo. Naturalmente eravamo tamponati e il resto, ma vedere due mondi così diversi interagire ci ha fatto venire qualche ideuzza».

20 anni di Un posto al sole: il backstage
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Mettiamo un po’ di pepe: un difetto ce l’avete?
R.P.C.: «Franco inquadra tutto dal punto di vista sentimentale, non ha un progetto a lunga scadenza. Ferri, invece, è più lungimirante, è un lottatore. Mi fa pensare al Colosso d’Argilla, che cade per poi rialzarsi».
P.Z.: «Su questo Riccardo ha ragione: Franco è un uomo che vive alla giornata e dice sempre quello che pensa, una cosa che faccio anch’io nella vita di tutti i giorni».
R.P.C.: «Invidio molto questa qualità di Peppe. Io sono molto più diplomatico, un eroico vigliacco».
P.Z.: «Riccardo è troppo buono, non riesce a dire di no a nessuno, ha paura di dire la parola sbagliata. È per questo che dico che è uomo d’altri tempi e che mi ricorda la Sicilia. Ama il lavoro in modo pazzesco. Anch’io, eh, ma per me è importante ogni tanto spegnere l’interruttore. Lui, invece, lo deve fare piano piano».

È chiaro che vi volete bene. Regali ve ne siete mai fatti?
R.P.C.: «La maglia della salute che gli permette di salvare qualcuno quando ce n’è bisogno».
P.Z.: «Io, invece, ho regalato a Riccardo una maglia e una calzamaglia termica da Londra».
R.P.C.: «Alla fine ci coccoliamo. Anche perché Peppe ci dà la carica la mattina facendoci ascoltare della buona musica».

Tipo?
P.Z.: «Adesso un po’ di jazz, la musica mi piace tutta quanta. Per questo servizio, su idea di Riccardo, abbiamo messo la canzone di Attenti a quei due: in un attimo ci siamo messi a ballare, a fare cazzate. Ci tengo a dire anche che siamo molto fortunati perché facciamo un lavoro che ci piace: interpretiamo due personaggi molto trasversali e molto amati dal pubblico. Chi ama Franco può benissimo amare anche Ferri, e questo è un regalo».
R.P.C.: «Mi associo. Il fatto di poter recitare, tenere lo strumento allenato in questi tempi in cui molti attori sono fermi, è un grande privilegio. Ne abbiamo di cose da dire, e le sentirete presto in Un Posto al Sole».
P.Z.: «Per usare un termine caro a Franco, sarà una primavera esplosiva, aspettatevi di tutto».

(Foto in apertura di Giuseppe D’Anna/Fremantle)

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