La terza dose di vaccino sarà probabilmente affidata ai medici di base
La terza dose di vaccino? Con ogni probabilità si dovrà fare. E no, non è affatto troppo presto per pensarci – anche se la maggioranza degli italiani deve ancora ricevere la prima (o unica, nel caso del vaccino monodose Janssen). Perché a somministrarla dovranno essere soprattutto i medici di base: ciò che stiamo vedendo in questi mesi, e vedremo ancora fino all’autunno, dovrà sparire. Hub e grandi strutture saranno smantellati, o quasi, per tornare a gestire il seguito della campagna vaccinale attraverso la medicina del territorio.
Intervenuto alla trasmissione «Che tempo che fa» su Rai3, il ministro della Salute Roberto Speranza ha parlato proprio della possibile terza dose, che offrirà protezione anche contro le diverse varianti in circolazione – a proposito, la cosiddetta indiana in Italia è all’1% – visto che sarà effettuata con prodotti aggiornati. «Sarà molto probabile dover fare una terza dose di vaccino, un richiamo che sarà probabilmente “modificato” per coprire le varianti. Bisognerà dunque passare da una fase straordinaria a una fase ordinaria e penso che questa nuova ordinarietà possa essere affidata alla nostra straordinaria rete di medici di medicina generale» ha spiegato l’esponente di Liberi e Uguali. «Ora dobbiamo correre e tutti sono impegnati», ha poi aggiunto, «ma penso che nel lungo periodo le palestre, i centri congressi o le stazioni dovranno tornare a svolgere i ruoli per i quali sono preposti». Insomma, nel corso dell’estate continueremo a vedere una grande mobilitazione territoriale, il coinvolgimento delle aziende, unità mobili e appunto grandi hub: poi bisognerà che i medici di base e gli ospedali, stante il tempo che avranno a disposizione, si occupino del richiamo che per molti arriverà a 2022 inoltrato.
Per ora solo la Gran Bretagna, che è partita in anticipo con lo studio battezzato “Cov Boost” su 2.886 partecipanti per appurarne l’efficacia, ha annunciato un richiamo pressoché certo a partire da settembre. Ma in diversi posti del mondo sono in corso sperimentazioni di questo tipo, come negli Stati Uniti o in Germania, dove si immagina che la terza iniezione dovrà essere necessariamente con un prodotto basato su Rna messaggero (a breve a Pfizer e Moderna si aggiungerà il tedesco CureVac). Uno studio spagnolo su 600 volontari ha per esempio scoperto che il mix di vaccini (prima dose AstraZeneca, seconda Pfizer) ha un’alta efficacia e non provoca problemi, e a questo schema ha alluso anche di recente Marco Cavaleri, responsabile della strategia sui vaccini di Ema. Si andrà dunque in quella direzione. Moderna, per esempio, sta testando un vaccino modificato da somministrare in dose ridotta e specifico contro la variante sudafricana e, a quanto pare, efficace anche contro quella indiana, ideale per chi ha già ricevuto le prime due dosi. Senza contare gli sforzi per i vaccini polivalenti, che fra un paio di anni potrebbero regalare al mondo un’unica iniezione buona contro influenza e diversi ceppi di Sars-CoV-2.
L’opinione condivisa è che una terza dose sarà insomma inevitabile. Bisognerà capire bene i tempi se già in autunno per i primi vaccinati dell’inizio del 2021 o per tutti a partire dal 2022. Nel frattempo, occorrerà anche comprendere a fondo l’evoluzione della pandemia in termini di varianti e di durata dell’immunità.
«In questo momento non abbiamo certezze assolute ma tutti i nostri scienziati ci dicono che sarà molto probabile dover ricorrere a una terza dose come richiamo necessario, eventualmente potranno esserci modifiche dei vaccini per poter coprire meglio alcune varianti – ha concluso Speranza sul punto – io ho 42 anni, dopo il 3 giugno potrò anche io avere il vaccino. Ho scelto di vaccinarmi presso il mio medico di famiglia e credo sia giusto: dobbiamo passare da una fase di straordinarietà ad una fase di ordinarietà nella gestione di questa epidemia. Oggi dobbiamo correre e recuperare un vaccinato in più, ma se penso ad un periodo più lungo dobbiamo tornare ad una gestione ordinaria».