Morti sul lavoro, la mamma di Luana: «La sua morte non è servita a nulla»
«Un sacrificio inutile». Emma Marrazzo, la mamma di Luana D’Orazio, l’operaia morta il 3 maggio a Montemurlo, vicino a Prato, finendo nell’ingranaggio di un orditoio (manomesso), è amareggiata. Nelle ultime ore altre quattro persone sono morte sul lavoro, a Napoli, a Castiglion Fiorentino, a Livorno e a Pietrasanta.
«Dopo la morte di mia figlia, avevo davvero sperato che qualcosa cambiasse. Non è successo niente», ha spiegato in un’intervista a Repubblica. «Qui non sta cambiando proprio niente, è un Paese così. Quando è morta Luana ricordo che qualcuno mi disse: guarda che qui nel tessile è sempre stato così. Io sono rimasta allibita, è una cosa intollerabile. Ma lo pensavo anche prima della morte di Luanina».
Luana, che già aveva condiviso in famiglia le sue preoccupazioni per la sicurezza in fabbrica. «La prima volta che rimase agganciata per la manica, ricordo bene che la sera mio marito le disse che doveva stare molto attenta, che lì si rischia grosso. Una volta era andata bene, ma poi? Poi è successa la tragedia», spiega la mamma. Allora, Luana al papà rispose che comunque c’erano «le fotocellule, non siamo mica a 50 anni fa». «Mio marito le aveva detto che lui col cavolo ci sarebbe andato, a lavorare davanti a una di quelle macchine moderne. Poi, è andata come è andata».
Dopo la morte di Luana ci sono state altre vittime, circa cinquanta, e molte in Toscana. «Perciò ai giovani come era mia figlia, dico che devono stare attenti, perché il lavoro è sicuro fino a un certo punto. Devono essere preparati, chiedere che gli facciano dei corsi preparatori, se non glieli fa l’azienda di sua iniziativa. Denunciare che il capo ti lascia solo ai macchinari, ad esempio. Chiamare anche l’Ispettorato del lavoro, se nessuno ti dà proprio retta». Ma anche le istituzioni, secondo Emma Marrazzo, devono fare la propria parte. «Servono più ispettori, e che i controlli devono essere veri, e fatti a sorpresa. Anche una volta al mese, senza preavvisi».